I cani di Riga
rimatt1, 05/07/2009 16.25:
Assassino senza volto, il primo Wallander (nonché il mio primo Mankell). Impressione estremamente positiva: l'ossatura gialla della vicenda non è niente di che, ma Mankell si serve del poliziesco per parlare d'altro, ovvero della Svezia. Il libro è dolente e problematico, di quelli che, senza dare risposte, spingono a interrogarsi sul mondo in cui si vive. Ottimo anche il lavoro sui personaggi, tutti ben delineati (anche quelli che compaiono solo per poche righe), con un Wallander che è un protagonista eccellente.
Se è vero che i libri successivi sono migliori di questo, c'è di che fregarsi le mani.
Quel che scrisse tempo fa Matteo vale secondo me anche per questo romanzo.
Aggiungo che incolla ad una lettura impaziente e piacevole.
Integro però anche con qualche osservazione, che vorrei spiegasse perché mi ha convita solo al 70% (per sparare una percentuale
) e che, per capirci, mi ha fatto venire meno voglia di leggere il capitolo successivo rispetto ad altri polizieschi come, ad esempio, quelli di Boris Akunin.
La lettura è sicuramente un'esperienza meno "lieta" rispetto ai libri di Collins o Akunin. Niente ironia, amarezza profonda, pochi spiragli di speranza. Almeno in questo libro, Wallander è così.
Poi la trama gialla, va bene che non è l'obiettivo della narrazione, ma mi avrebbe appagata di più una struttura che facesse scervellare un po' di più: provare a indovinare il colpevole è sempre un gioco affascinante.
Il personaggio protagonista, poi. Un antieroe, va bene. Ma la sua scarsa decisività nella risoluzione del caso - decidono gli eventi, la fortuna, a dispetto dei suoi continui sbagli - gli toglie carisma.
E' ottimo ovviamente che Mankell si dedichi all'approfondimento psicologico ed alla caratterizzazione dei suoi personaggi, ma forse commette qualche errore. Conosciamo troppo i pensieri di Wallander e troppo poco i suoi gusti, interessi, tic. Ci sono i sentimenti e le emozioni a dar vita ad un personaggio, ma contano moltissimo anche queste piccole cose concrete, che li rendono vivi, vicini, familiari.
Inoltre Mankell è uno spiegazionista oltre misura: il carattere del commissario è spiegato a parole, esplicitamente, prima ancora che con le sue azioni (il che infrange una regola letteraria, per la verità).
Tutto questo alla prima esperienza, chiamamente penso anche che meriti una seconda prova.
Sono curiosa di vedere Kenneth Branagh nei panni di Wallander, spero che l'Italia importi la serie.