Henning Mankell

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koala3
00venerdì 2 ottobre 2009 16:02
I cani di Riga



rimatt1, 05/07/2009 16.25:

Assassino senza volto, il primo Wallander (nonché il mio primo Mankell). Impressione estremamente positiva: l'ossatura gialla della vicenda non è niente di che, ma Mankell si serve del poliziesco per parlare d'altro, ovvero della Svezia. Il libro è dolente e problematico, di quelli che, senza dare risposte, spingono a interrogarsi sul mondo in cui si vive. Ottimo anche il lavoro sui personaggi, tutti ben delineati (anche quelli che compaiono solo per poche righe), con un Wallander che è un protagonista eccellente.

Se è vero che i libri successivi sono migliori di questo, c'è di che fregarsi le mani.


Quel che scrisse tempo fa Matteo vale secondo me anche per questo romanzo.
Aggiungo che incolla ad una lettura impaziente e piacevole.
Integro però anche con qualche osservazione, che vorrei spiegasse perché mi ha convita solo al 70% (per sparare una percentuale [SM=x74933] ) e che, per capirci, mi ha fatto venire meno voglia di leggere il capitolo successivo rispetto ad altri polizieschi come, ad esempio, quelli di Boris Akunin.
La lettura è sicuramente un'esperienza meno "lieta" rispetto ai libri di Collins o Akunin. Niente ironia, amarezza profonda, pochi spiragli di speranza. Almeno in questo libro, Wallander è così.
Poi la trama gialla, va bene che non è l'obiettivo della narrazione, ma mi avrebbe appagata di più una struttura che facesse scervellare un po' di più: provare a indovinare il colpevole è sempre un gioco affascinante.
Il personaggio protagonista, poi. Un antieroe, va bene. Ma la sua scarsa decisività nella risoluzione del caso - decidono gli eventi, la fortuna, a dispetto dei suoi continui sbagli - gli toglie carisma.
E' ottimo ovviamente che Mankell si dedichi all'approfondimento psicologico ed alla caratterizzazione dei suoi personaggi, ma forse commette qualche errore. Conosciamo troppo i pensieri di Wallander e troppo poco i suoi gusti, interessi, tic. Ci sono i sentimenti e le emozioni a dar vita ad un personaggio, ma contano moltissimo anche queste piccole cose concrete, che li rendono vivi, vicini, familiari.
Inoltre Mankell è uno spiegazionista oltre misura: il carattere del commissario è spiegato a parole, esplicitamente, prima ancora che con le sue azioni (il che infrange una regola letteraria, per la verità).
Tutto questo alla prima esperienza, chiamamente penso anche che meriti una seconda prova.

Sono curiosa di vedere Kenneth Branagh nei panni di Wallander, spero che l'Italia importi la serie.

Juan Galvez
00venerdì 2 ottobre 2009 19:01
Re:
koala3, 02/10/2009 16.02:

I cani di Riga




Quel che scrisse tempo fa Matteo vale secondo me anche per questo romanzo.
Aggiungo che incolla ad una lettura impaziente e piacevole.
Integro però anche con qualche osservazione, che vorrei spiegasse perché mi ha convita solo al 70% (per sparare una percentuale [SM=x74933] ) e che, per capirci, mi ha fatto venire meno voglia di leggere il capitolo successivo rispetto ad altri polizieschi come, ad esempio, quelli di Boris Akunin.
La lettura è sicuramente un'esperienza meno "lieta" rispetto ai libri di Collins o Akunin. Niente ironia, amarezza profonda, pochi spiragli di speranza. Almeno in questo libro, Wallander è così.
Poi la trama gialla, va bene che non è l'obiettivo della narrazione, ma mi avrebbe appagata di più una struttura che facesse scervellare un po' di più: provare a indovinare il colpevole è sempre un gioco affascinante.
Il personaggio protagonista, poi. Un antieroe, va bene. Ma la sua scarsa decisività nella risoluzione del caso - decidono gli eventi, la fortuna, a dispetto dei suoi continui sbagli - gli toglie carisma.
E' ottimo ovviamente che Mankell si dedichi all'approfondimento psicologico ed alla caratterizzazione dei suoi personaggi, ma forse commette qualche errore. Conosciamo troppo i pensieri di Wallander e troppo poco i suoi gusti, interessi, tic. Ci sono i sentimenti e le emozioni a dar vita ad un personaggio, ma contano moltissimo anche queste piccole cose concrete, che li rendono vivi, vicini, familiari.
Inoltre Mankell è uno spiegazionista oltre misura: il carattere del commissario è spiegato a parole, esplicitamente, prima ancora che con le sue azioni (il che infrange una regola letteraria, per la verità).
Tutto questo alla prima esperienza, chiamamente penso anche che meriti una seconda prova.

Sono curiosa di vedere Kenneth Branagh nei panni di Wallander, spero che l'Italia importi la serie.



Be', nei cani di Riga c'è un Wallander perfino ottimista rispetto ai suoi standard :-). La cupa anima nordica permea ogni interstizio della narrazione in Mankell. Questo, sempre.

Il resto è questione di gusti. Io amo, nei gialli di Mankell, proprio la fallibilità di Wallander. Che non è MAI stupidità, ma è appunto la comune, umana, capacità di arrivare alla meta per progressive approssimazioni, attraverso sbagli e intuizioni felice. Wallander non è un antieroe, è un uomo comune. Di cui, in altri romanzi, si conoscono anche i tic e i gusti. I cani è un po' atipico, in questo.

Lo spiegazionismo mankelliano non è un'opinione, invece. E', credo, una scelta precisa. In uno dei romanzi successivi, ma non ricordo quale, Wallander e suo padre vengono in vacanza in Italia. C'è una lunga sequenza durante quel viaggio dove Mankell lascia fare tutto ai personaggi, a quel che fanno. Ma in genere la sua narrazione ha qualcosa di burocratico e appiattente. Che ancora una volta serve alla cupezza dell'atmosfera, e all'analisi iperdettaglita del personaggio.

V.
Cleofel
00martedì 27 ottobre 2009 15:29
Un'altra volta mi tocca dar ragione a Vincenzo [SM=x74972]
Lui me l'aveva detto più o meno un anno fa che Mankell mi sarebbe piaciuto. E così è.
Probabilmente mi è piaciuto anche per quello che Raffaella invece ha criticato: "poco giallo, non si può indovinare il colpevole"
E' noto che non amo i gialli, questo commissario amaro invece mi è simpatico. A modo suo è un po' il Montalbano svedese.

A parte l'aver cominciato con l'ultimo della serie ("Prima del gelo", quello in cui l'investigatrice è la figlia Linda), sto andando in rigoroso ordine cronologico; l'ultimo è stato "La falsa pista". Seppure finora "I cani di Riga" è quello che mi è piaciuto maggiormente, sugggerisco assolutamente la lettura cronologica: il carattere dei personaggi si delinea a poco a poco (non è vero che non è tracciato o lo è poco, è che questo viene fatto nella totalità dei libri, non in un unico romanzo) e i "riassuntini" - necessari per chi legge un libro preso in mezzo alla serie - diventano meno fastidiosi.

Juan Galvez
00martedì 27 ottobre 2009 16:46
Re:
Iiiiiiih... mi ricordo di te, tanto tempo fa frequentavi questo forum ;-)))

Resti con noi stavolta? :-P

V.

Cleofel
00martedì 27 ottobre 2009 23:19
Ma tu in cambio impari a fare le faccine come si deve? [SM=x74988]
[SM=x74947] [SM=x74947] [SM=x74947] [SM=x74947] [SM=x74947] [SM=x74947]
Juan Galvez
00mercoledì 28 ottobre 2009 05:54
Re:
Cleofel, 27/10/2009 23.19:

Ma tu in cambio impari a fare le faccine come si deve? [SM=x74988]
[SM=x74947] [SM=x74947] [SM=x74947] [SM=x74947] [SM=x74947] [SM=x74947]


E cosa c'è da imparare nel CLICCARE sopra le faccine già fatte da qualcuno? :-P

Sai bene che non le considero neppure faccine ;-)

V.

rimatt1
00lunedì 5 ottobre 2015 20:08
Letta la triste notizia oggi. Dispiace, è stato un grande autore "popolare" (inteso nella miglior accezione possibile).
Juan Galvez
00lunedì 5 ottobre 2015 20:15
Re:
rimatt1, 05/10/2015 20:08:

Letta la triste notizia oggi. Dispiace, è stato un grande autore "popolare" (inteso nella miglior accezione possibile).


È stato forse il più alto autore popolare.

V.

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