«Fan perdonateci, le nostre strade si separano»
Annuncio dei Blue: «Ultimo tour, poi una pausa di un anno: ognuno ha un suo progetto e chissà se torneremo insieme»
ROMA — I Blue sono il vero fenomeno pop. Peccato siano destinati a durare poco. La decisione, dicono i quattro ventenni inglesi, è irrevocabile: «Dopo il tour, previsto in primavera, ci prenderemo una pausa. Un anno, forse di più. Ognuno ha un suo progetto, ci concentreremo su nuovi orizzonti. Se ritorneremo a fare un album insieme? Chi lo sa cosa succederà in tutto questo tempo...». Le agguerrite fan saranno devastate: «Perché? dovrebbero invece continuare a seguirci e a sostenere i nostri sogni», sostengono i magnifici quattro, ospiti ieri della trasmissione «Amici» di Maria De Filippi e oggi a Milano per «Quelli che il calcio» con Simona Ventura. Intanto il nuovo «Best of Blue» è al primo posto in Italia.
In tre anni e mezzo hanno collezionato tre album al numero uno e dieci singoli nelle classifiche britanniche, hanno vinto due «Brit Awards», venduto oltre 7 milioni di album e 4 milioni di singoli. Hanno cantato con Stevie Wonder, Elton John e Angie Stone. «Con l’album "The Best" abbiamo chiuso un ciclo — spiega Antony —. Adesso dobbiamo andare oltre, vedere cosa ci aspetta. Non possiamo ritrovarci a quarant’anni per cantare ancora "All Rise"». Nessun riferimento ai Duran Duran (tornati in circolazione dopo un lungo silenzio) ma un apprezzamento sincero è riservato alla reunion dei Backstreet Boys. «Sono l’unica boyband a cui ci sentiamo vicini — sottolinea Lee — perché sanno cantare, conoscono la musica. Non sono dei bambocci il cui unico talento è la bellezza».
La storia dei Blue inizia nel 2000 a Londra: Duncan James e Antony Costa decidono di mettere in piedi un duo, a loro si aggiungono Lee Ryan, considerato l’ugola più promettente del momento, e il suo coinquilino Simon Webbe. «Non è facile per noi staccarci, dividiamo il ricordo di tanti bei momenti insieme. Quando abbiamo firmato il contratto non riuscivamo a trattenerci dalla gioia. Ma anche cantare a Wembley non è stato male».
L’imminente «pausa di riflessione» sembra dare credito alle voci che vogliono il gruppo spaccato dalle liti. «È spazzatura, siamo grandi amici. Fra di noi c’è rispetto». Sembrano sereni mentre si aggirano negli studi di Cinecittà. Sono rintanati in un unico camerino, con manager, parrucchiera e truccatrice. Duncan dagli occhi azzurri passeggia con una molletta gialla fra i capelli e indossa una maglietta con sopra la faccia di Bruce Springsteen. Simon succhia un ciucciotto da bebè mentre riposa sotto una coperta di cappotti. Lee ha bisogno di tempo per sistemarsi la cresta di capelli biondi. Antony non si separa mai dal pacchetto di sigarette. Baci, autografi e abbracci a tutti. «Le nostre fan sono tenere. Non ci danno mai fastidio. Sembra banale, ma è soltanto la verità, senza di loro non saremmo andati da nessuna parte. Siamo rimasti ragazzi semplici e modesti. È la nostra forza», dice Antony pronto a trasformarsi da cantante in attore come Duncan e Simon. «Ci avevano proposto di fare un film tutti insieme. Abbiamo rifutato. Con tutto il rispetto, non siamo mica le Spice Girls». Invece Lee è in trattativa con una tv italiana per un programma tutto suo e a gennaio debutta dietro la macchina da presa: «Fare il regista è sempre stato il mio più grande desiderio. La sceneggiatura l’ho scritta a 15 anni, parla di ragazzi che crescono nei difficili sobborghi. Sarà un film crudo e violento, sul genere di "Niente per bocca" di Gary Oldman. La trama è in parte autobiografica, perché anche io vengo dalla periferia». Duncan, Lee, Antony e Simon ammettono di essere cresciuti in fretta: «Se non vuoi perderti in questo mondo devi capire subito cosa fare. Di errori ne sono ammessi pochi. Abbiamo imparato a gestire noi stessi, i nostri soldi e la nostra vita».
Carriere nel cinema a parte, la musica però non l’hanno dimenticata: Lee ed Antony preparano i loro album da solisti. Duncan ha da poco fatto uscire «I Believe My Heart», in cui duetta con la cantante Keedie. È già un hit da classifica. Dice lui assonnato: «Se mi piace la musica è tutta colpa di mio nonno che ha pagato le mie lezioni di piano».
Si ringrazia