L'anfiteatro mica cavoli.

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Gianni
00venerdì 28 maggio 2004 09:51
In Sardegna a un paio di miglia dalla villa La Certosa l'enorme cantiere a mare. In costruzione anche un tunnel.
Quell'anfiteatro finto greco
I carabinieri mandano via chiunque: "Sicurezza nazionale" di PINO CORRIAS

L'anfiteatro in costruzione

OLBIA - Marco è abbronzato, sveglio e scalzo. Salta sul gommone bianco, accende il motore da 60 cavalli che fa ronzare il mare blu, dice: "Andiamo?".
Come no. Questa è una gita speciale. Si va a visitare un cantiere che non si può vedere, non esiste sulla carta, ma già galleggia sul mare. Il mare di Punta Lada. Ponteggio a ridosso della scogliera: gru, escavatrici, bracci meccanici, operai in tuta arancio.

È la sola Grande Opera che Silvio Berlusconi non ha mai disegnato con il pennarello, ma che sta realizzando (direttamente) con il cemento, i martelli pneumatici, un decreto che nessuno ha ancora visto, il velo impenetrabile della "sicurezza nazionale", le motovedette dei carabinieri a fronteggiare i curiosi, dissuadere ambientalisti e scocciatori. Non è un ponte, non è uno svincolo, non è un raddoppio autostradale. È una grotta. È casa sua.

Casa sua sta a un paio di miglia di mare da qui. Si chiama Villa La Certosa, 50 ettari di mirto, ginestre, ulivi, tutto comprato un po' alla volta. Tutto cresciuto un po' alla volta. Compreso un agrumeto. Una foresta di ulivi secolari. La spianata dei cactus. Il lago artificiale. La finta cascata. E adesso (in un colpo solo) un nuovissimo anfiteatro finto-greco, ma di autentico granito, che si vede solo dalle alture di Porto Rotondo. E questo benedetto cantiere a mare che si vede da qualunque punto del Golfo. Il cantiere ha scatenato un vespaio.

Trattasi, secondo le parole del ministro Giovanardi di "cavità naturale da ingrandire e consolidare". Un "approdo coperto per piccole imbarcazioni".
Una "via di fuga sicura" per il premier, i familiari e "le illustri personalità straniere". Roba talmente segreta che sino a una manciata di giorni fa nessuno ne sapeva niente. Cento metri quadrati di tubi Innocenti spuntati sul mare, chiatte avanti e indietro per il Golfo, camion via terra, e il sindaco di Olbia Settimo Nizzi (Forza Italia) cascava dalle nuvole: "Non ho niente da dire". Buio completo da carabinieri, polizia, guardia forestale e costiera. La prefettura di Sassari?Incompetente. Il ministero degli Interni? Nulla da dichiarare. Mistero.

Sabato scorso Gianni Nieddu, senatore ds, un pugno di ambientalisti e i cronisti della Nuova Sardegna hanno provato un assalto con i gommoni. Sono arrivate rombando un paio di vedette dei carabinieri, una lancia costiera e un elicottero: navigazione interdetta entro i 500 metri dalla costa. Ma come? Un senatore della Repubblica non può approdare sul terreno demaniale di costa? No. Tutti fermati, identificati, rispediti a terra. "Sicurezza nazionale".

Dice Marco: "Questa è la rotta dell'altra volta".
Dice: "Guardi laggiù. Dove finiscono quelle case, iniziano i terreni di Berlusconi". Giusto. A destra dell'ultima speculazione edilizia (vecchio stile, ruggenti Anni Sessanta) cominciano i boschetti incontaminati di Villa Certosa. Berlusconi
comprò i primi 7 ettari una ventina di anni fa dal suo vecchio amico Flavio Carboni. Nel 2001 fece le cose in grande: ne aggiunse 40 acquistandoli da Tom Barrak, il finanziere. L'anno scorso ancora un pezzetto, questa volta dalla famiglia Dejana.

Da allora, in attesa del passaggio estivo dell'amico Putin, la tenuta è diventata un cantiere. Dalla diga del Liscia è arrivata l'acqua dolce per il laghetto artificiale. Dalle cave di San Giacomo (tra Olbia e Arzachena) è arrivato il granito giallo per i pontili, i finti scogli, le finte barche che ornano le sue rive. Ogni tanto giganteschi ulivi arrivano sdraiati sulla schiena di camion speciali. Ogni tanto arrivano scatoloni di legno imballati dall'altra parte del mondo con cactus rarissimi che si aggiungono ai 2 mila già piantati nella lunare (e celebre) spianata.

Adesso tocca all'anfiteatro che una tripla squadra di operai sta rivestendo di granito. Lo scavo è circondato da prati e ulivi. Da cespugli di mirto e vento. Il teatro è il pallino di Marcello Dell'Utri, che ama Eschilo e la tragedia. Ma è anche il sogno di Silvio che (invece) adora Apicella.

Navigando con il gommone, il teatro è solo una macchia polverosa nel verde.
Dal verde si vedono spuntare i tetti delle rosate dimore che fanno da corona a Villa Certosa, grande come una chioccia da 2 mila 500 metri quadri. La residenza. Il villone.
Blocchi rosa quadrati e blocchi circolari. Vetrate. Piscine rettangolari di acqua di mare. Una discesa scavata nella roccia e nel verde dei prati all'inglese. Fino al molo. Fino a quei 4 pennoni, altissimi, spuntati anche loro la scorsa estate, autentici pennoni portabandiera, che fanno un po' Grand Hotel e un po' Onu. Oppure Camp David.

A proposito. Al porticciolo di Marana qualunque fabbro, qualunque pittore di scafi e di timoni ti intrattiene sui memorabili passaggi dei grandi della Terra, sulle guardie del corpo di Putin, sugli assaltatori in mimetica e (naturalmente) sull'imminente arrivo di George Bush con la sua valigetta nucleare. Arriva, come no. Secondo tutti il cantiere degli scandali è un bunker che Silvio sta preparando per lui. Non un approdo coperto, come dice Giovanardi. E neppure "una normale miglioria di un privato cittadino" come ebbe a dire il simpatico Paolo Bonaiuti, portavoce del premier, attribuendo le proteste degli ambientalisti al livore e all'invidia, anzi "ai professionisti dell'invidia". Come se qui a qualunque "privato cittadino" fosse possibile spostare un cespuglio, un sasso, senza attendere cento controlli, cento verifiche e incassare cento divieti.
Eccoci dunque. Il cantiere adesso si vede benissimo alle spalle della Motovedetta che dondola agganciata a due boe arancioni. Sulla cima del ponteggio ci sono le macchie gialle dei grossi compressori per i martelli pneumatici. C'è il braccio bianco della escavatrice che gratta l'arco nero della grotta. Un mucchio di terra smossa sta a mezza collina, circondata da grandi massi. Dicono stiano costruendo anche un tunnel. Lo chiamano il tunnel James Bond, avventura "La spia che mi amò", sequenza del sottomarino che entra nella "cavità naturale". Piattaforma. Ascensore. Interno villa.

Di fianco al cantiere c'è la sequenza di massi in verticale che, solo d'estate, diventano il percorso della cascata. Pochissimi l'hanno vista in funzione. "Putin sicuramente e pure io" dice Marco seguendo gli spigoli dell'onda che fanno saltellare il gommone. Dice che funziona con una grossa pompa che aspira acqua da sotto gli scogli, la porta in cima ai massi e la spinge verso il salto di venti metri. Dice: "Una meraviglia". Dice: "Anche
se non serve a niente".

Ci avviciniamo. La motovedetta dondola. Operai vanno su e giù lungo i fianchi verdi e neri del cantiere. Non si sente un rumore, a parte il gocciolare del mare. Un carabiniere si affaccia. Guarda, fa sciò con le mani. Due volte. Non minaccioso, semmai rallentato. Come è rallentata (in fondo) tutta la scena. Marco vira e si torna. Al porto ti dicono che Berlusconi pagherà tutto di tasca propria. Hanno un tono a metà tra l'ammirazione e il fatalismo. Tra l'ammirazione e la sfida. Non capisci se stanno parlando (solo) di soldi o anche di voti. Marco sparisce.Bisognerebbe farsi un bagno.

La Repubblica 27 maggio 2004

[Modificato da fcvinci 29/05/2004 23.42]

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