erikaluna
00mercoledì 6 ottobre 2004 23:00
quando
scrivi racconti per me è tutto un perdermi e ritrovarmi....
Mi piacciono un sacco le tue storie.
E soprattutto ti abbraccio, anche da qua[SM=g27828]
erika[SM=g27811]
merlino47
00giovedì 7 ottobre 2004 03:00
Re:
Scritto da: dueanime 06/10/2004 18.10

Sfilarsi Olga dalle dita era sempre una questione delicata.

due

Non sono un accanito lettore di racconti o romanzi e difficilmente riesco a leggerne uno integralmente, il più delle volte salto paragrafi o interi capitoli, o li sfioro con la velocità di un laser potandomi direttamente alla fine.
Questo l'ho letto tutto trattenendo il respiro ma gustandomelo fino in fondo, non so quanto possa valere una mia opinione, non essendo né un letterato né tantomeno un critico, ma, quello che posso dirti è che sono rimasto affascinato, e non solo dal racconto, bello e originale, quanto dalla tua scrittura così frizzante, coinvolgente, limpida, scorrevole, dove quei tot di poesia, fascino, suspence, erotismo, sentimento, ecc. ecc sembrano pesati alla bilancia di un orafo.
Non ti faccio un complimento nell'asserire che rarissimamante ho riscontrato nelle mie letture (che se pur poche spaziano dal classico alle svariate decine di autori contemporanei più quotati)tanta maestria nel narrare, non so se nei tuoi programmi ci sia quello di "scrittrice" (nel senso professionale del termine) ma sono certo che avresti tutte le carte in regola per raggiungere le vette più alte.

Sei stata un vera, piacevole, rivelazione e per quersto oltre ai complimenti più vivi ti faccio gli auguri più sinceri di un radioso futuro letterario.

massimo
lulalu
00domenica 24 ottobre 2004 23:34

ciao due, è la prima volta che commento un racconto (a dire il vero non entro mai in questa sezione del forum).
innanzi tutto ti dico che condivido l'opinione di merlino: sei un abuona penna, il ritmo narrativo è coinvolgente, crea interesse nel lettore che procede fino alla fine con curiosità, senza dar segno di stanchezza (almeno per me è stato così).
è uh racconto inquietante, questo tuo, quasi crudele, ma non lo dico in senso negativo.
dunque c'è un'anima divisa in due: una esteriorizzata (la marionetta/maschera) e una che si cela alle sue spalle.
le due anime interagiscono: solo apparentemente la parte nascosta manovra la parte visibile, quella che si mostra agli altri e dagli altri cerca consensi.
c'è un gioco sottile nel quale la parte meno vera (la marionetta) arriva persino a manovrare la parte invisibile e vera , al punto che nessuna delle due sembra essere reale.
è un gioco al massacro e in questo reciproco desiderio di imporsi una delle due anime (oh, il tuo nick...)alla fine sembra averla vinta, ma le mani restano nude, orfane senza quella parte di sé, amata e odiata, annientata pubblicamente (come per sfida) nel drammatico tentativo di ritrovare l'equilibrio interiore perduto.

ho trovato questo tuo racconto, così inquietante, ricco di fascino, davvero.
ti faccio i miei complimenti.
un abbraccio
lula
raelmax
00domenica 21 novembre 2004 14:15
geniale
ancora non riesco a credere di avere davvero letto "per caso" questo tuo racconto. senza scherzi. leggo tantissimo, tantissimi racconti, romanzi. qualcosa ho scritto ma, ti assicuro, mai niente di altrettanto fulminante, intelligente, divertente e deliziosamente delirante. non credo che meriti la pubblicazione, ne sono assolutamente certo! queste le sequenze per me di massimo compiacimento:

"Solo, di tanto in tanto, accavallava e scavallava le gambe, per aprire o chiudere un discorso."

"La sua faccia mi sembrava stupita, e mi sentii in colpa. La nascosi sotto il cuscino, tentando di soffocarla con il peso del mio corpo, finché non mi addormentai."

"Olga si esibì in una prestazione pressoché perfetta, e nessuno si accorse, tranne me, che di tanto in tanto voltava impercettibilmente la testa all’indietro.
Credo che avesse paura."

grandissima dueanime. manda a sellerio, manda. non ho alcun dubbio in merito.

ciao.
dueanime
00venerdì 7 dicembre 2007 19:57
OLGA





Sfilarsi Olga dalle dita era una questione delicata. I polpastrelli caldi, nudi d’improvviso e quasi orfani, brancolavano nell’aria a svaporare il ricordo tattile.
Guardavo le sue scarpe rosa gettate sulle lenzuola, pensando che io non le avrei potute portare. Camminare sui tacchi non è il mio forte, ed il rosa mi piaceva solo addosso ad Olga. Anche il fermaglio con cui tratteneva i suoi capelli era rosa, e le sue labbra grandi.
A volte mi studiavo allo specchio, provando a raccogliere i capelli come i suoi, ma mi sentivo una stupida e ridevo di una vanità che non avrei mai mostrato.
Il suo piccolo armadio, invece, era pieno di cose eleganti ed abiti da sera.
D’altronde era la notte, il suo unico momento di vita.
Il resto del tempo Olga lo passava sul mio letto, mentre io accarezzavo i suoi vestiti.
Olga si muoveva con voluttà dentro quegli abiti e quando raccontava le sue storie, tra una canzone e l’altra, il pubblico l’ascoltava in estasi.
La voce di Olga vibrava tra i bicchieri, era una coperta che si avviluppava nello stomaco, mordeva gli uomini nel sesso ed eccitava anche le donne.
Quella voce mi rimbalzava dentro, impastata di lingua e saliva, perché era la mia.
Quando c’incontrammo, Olga costava quindici euro.
Giaceva a pezzi nella sua scatola, nuda. Era la prima volta che vedevo un burattino “da dita”.
Olga era composta da cinque piccoli guanti di gomma. La testa s’infilava nel dito medio, l’anulare e l’indice erano per le braccia, il pollice ed il mignolo per le gambe.
I suoi abiti li feci collezionare in seguito.
Quasi tutti neri, Olga non amava le mezze misure, in nessun caso. Quando stava sul palcoscenico diceva cose del tipo: “Perché mi guardi così? La vorresti una donna come me?”, e mentre l’uomo a cui si rivolgeva annuiva con malizia, lei abbassava la voce di colpo e replicava secca: “Davvero vorresti un burattino?”
La gente in sala lasciava salire un mormorio, si muoveva sulle sedie. L’uomo in questione guardava altrove, ostentando un sorriso inquieto.
Io non potevo dire nulla. Restavo celata dietro il teatrino di legno, mentre Olga s’impossessava della mia mano e delle mie corde vocali. Alla fine dello spettacolo, quando uscivo per presentarmi, il pubblico sembrava quasi in imbarazzo. La mia presenza li infastidiva ed Olga ne approfittava per trattarmi male.
“Ehi tu”, diceva rivolta al pubblico, “se veramente vuoi un burattino, prendi questa donna”.
Il pubblico rideva ed applaudiva. Io fingevo un’espressione offesa, poi ridevo con loro. A dirla tutta, fingevo che la mia faccia offesa fosse finta, e persino Olga mi credeva.
La cosa peggiore era che mi sentivo in imbarazzo anch’io. Mi sembrava di essere stata lì a spiare per tutto il tempo. A nascondermi dietro Olga. Dentro Olga.
Fu proprio dopo una delle sue malignità, una sera di quelle in cui Olga diede il meglio di sé, che decisi di ucciderla. Quella notte tornai a casa lasciando che Olga continuasse a muoversi sulle mie dita. Seduta sul letto mi tolsi le sue gambe, poi le braccia.
Mi nascosi sotto le lenzuola, io e la testa di Olga. La usai per procurarmi piacere, spinta da un’eccitazione feroce e cattiva. Subito dopo la sfilai rabbrividendo di vergogna.
Strinsi il suo corpo a pezzi nel pugno, schiacciandolo più volte. Olga rispose elastica con il suo sorriso di gomma.
La nascosi sotto il cuscino, tentando di soffocarla con il peso del mio corpo, finché non mi addormentai.

Il giorno dopo Olga si esibì con la solita esuberanza; nessuno si accorse, tranne me, che di tanto in tanto voltava impercettibilmente la testa all’indietro. Credo che avesse paura.
Ad un certo punto ordinò da bere per me. Disse che doveva coccolarmi, ogni tanto, e che in fondo era nelle mie mani. Il pubblico rideva ancora quando la voce di Olga migrò nella mia bocca e disse: “E’ la mia mano ad essere in te”.
La guardai, ammirando mio malgrado la sua eleganza, e con la sinistra le tolsi le gambe svitandole appena dalle mie dita. Il pubblico ammutolì. Continuavo a guardare la mia povera Olga mutilata, e feci fare la stessa fine alle sue braccia. Lasciai la testa per il gran finale, perché volevo che vedesse tutto.
Lanciai i suoi arti in mezzo alle sedie, mentre la gente
inorridita si scansava e gridava. Accarezzai un’ultima volta il suo chignon con il fermaglio rosa, e poi le sfilai la testa con i denti e la feci sparire in bocca.
Scesi dal palco sazia d’Olga e del mio amore cannibale.
I polpastrelli caldi, nudi d’improvviso e quasi orfani, brancolarono nell’aria a svaporare il ricordo tattile.




barbara
dueanime
00venerdì 7 dicembre 2007 20:03
p.s.

annotazione postuma.
Olga è l'anagramma del dolore.
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