PAGANESIMO PRE-ELLENICO: Artemide, Selene, Ecate

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AlessandroSkryer
00lunedì 7 luglio 2008 05:20



Quando la Luna apparve quale falce snella, delicata e sottile, ma salda nella promessa di crescita, Artemide vagò per le intatte foreste di Arcadia. La Dèa viveva con le Sue ninfe fra la vegetazione che cresceva folta e selvaggia, dove gli animali partecipavano liberamente ai Suoi giochi e alle Sue danze. Amava la nuova vita. Sia nel gioco sia nel riposo, Artemide era sempre attenta a percepire i gemiti via via più intensi di una madre che partoriva. Il vento le recava prolungati sospiri fiochi e scanditi canti di sofferenza. Se la madre era un animale, e giaceva sola e nascosta in una grotta o in un cumulo di foglie, Artemide correva agilmente fra i boschi per esserle accanto. Portava foglie della Sua artemisia selvatica affinché se ne nutrisse e dolcemente parlava con suoni materni. La Dèa carezzava gentilmente il ventre gravido fino a quando ne emergevano i cuccioli umidi e frementi. Vezzeggiava ciascuno e tutti li poneva sotto la Propria protezione: «In queste foreste nessun male toccherà i figli di Artemide».

Se la madre era umana la Dèa all’istante le compariva accanto, recando artemisia per una tisana potente. Tergeva la fronte della donna e ne massaggiava il ventre con delicatezza e pazienza, pur sapendo che ne sarebbe risultata soltanto una piccola figliata, di una o talvolta due nuove vite. Eppure, Artemide appariva sempre a una madre che chiamava, e sempre gioiva con lei al momento della nascita. Gli altri mortali presenti si avvicinavano per guardare, chiedendo: «Com’è il neonato? Chi è il neonato?» Allora Artemide sorrideva al nuovo Nato e sussurrava alla madre: «Entrambi potrete entrare nelle Mie foreste e unirvi a Me ogni notte illuminata dalla luna crescente».

I convegni iniziavano quando la luna era nuova e continuavano ogni notte con un numero sempre maggiore di Suoi animali e umani, i quali si recavano a danzare con Lei. La sera prima della luna piena il Suo bosco sacro si colmava di celebranti, i quali circondavano un grande albero che s’innalzava in disparte dagli altri, la liscia corteccia e le foglie argentati alla luce della luna. Artemide avanzava verso l’albero e il silenzio seguiva, tranne che per il soffice tubare delle Sue colombe fra i rami sovrastanti. La Dèa si accoccolava come la Grande Orsa che un tempo era stata e toccava la terra. Dalle radici, su per il tronco, lungo i rami sino alle foglie, Ella passava le mani. Ancora. E ancora. Ad ogni passaggio Ella suscitava nuova vita: pallidi fiori sbocciavano e cadevano, sferette di frutta luccicavano fra i rami, e finalmente maturi frutti luminosi pendevano dai rami sacri. Artemide raccoglieva la frutta e nutriva i Suoi animali, i Suoi mortali, le Sue ninfe, e se Stessa. La danza incominciava.

Gli animali erano attirati verso l’albero. Si rotolavano sulle radici e circondavano il tronco. In un cerchio più ampio i danzatori sollevavano le braccia, volteggiavano lentamente, e sentivano le correnti di energia sorgere attraverso i loro corpi, che sempre più rapidamente volteggiavano, e attraverso le loro braccia, volteggiando, e fuori delle loro dita, volteggiando, volteggiando, sino alle teste, roteando, correndo, volando. Scintille di energia scaturivano fluide dai loro polpastrelli, screziando l’aria con tracce di limpida luce azzurra. Univano le mani, univano le braccia, fondevano i corpi in un cerchio d’ininterrotta corrente che senza sforzo li trasportava. Artemide appariva gigantesca dinanzi a loro, eretta addossata all’albero, la Sua spina dorsale il tronco, le Sue braccia i rami. Il Suo corpo pulsava di vita, i suoi ritmi riverberati dall’albero argentato, gli animali ai Suoi piedi, i danzatori, l’erba, le piante, il bosco. Ogni particella della foresta fremeva e palpitava della Sua energia. Artemide la nutrice, protettrice, Dèa della luna crescente. Artemide! Iniziava a fondersi all’albero sacro, mentre roteava intorno a Lei il cerchio dei danzatori, i quali, gettando le teste all’indietro, vedevano sfrecciare i rami sfavillanti. Quando Artemide era una sola cosa con l’albero della luna, il cerchio si spezzava. I danzatori si allontanavano roteando nel bosco e cadevano esausti sul suolo muschioso della foresta.

Giacevano là sulla terra, ancora respìrando al ritmo della terra, a fissare le danzatrici che danzavano eternamente nei cieli. Fra le stelle Selene apriva un sentiero con il Suo carro. La Dèa alata conduceva una coppia di buoi, le cui corna riflettevano la falce di luna sulla Sua corona. Dietro di Sé, Selene trainava la luna piena attraverso il cielo. S’innalzava dall’oceano e ascendeva gradualmente con l’enorme disco sino al Suo zenith, da cui gradualmente rimpiccioliva e agilmente scivolava giù verso l’oceano, di nuovo. Quando Selene attraversava i cieli, la Sua luce inondava la terra, filtrando fra gli anfratti nascosti nella natura degli esseri mortali, i quali segnavano il Suo passaggio, si riunivano a gruppetti per celebrare, e consideravano con timore reverenziale coloro i quali erano toccati dalla Sua magia.

Ma quando la luna scivolava via, rimpicciolendo armoniosamente sino alla propria morte, non si celebrava alcuna festività. Le notti diventavano più nere e i mortali si proteggevano dalle visite degli spiriti del mondo infero. Orde di spettri guidati da Hecate e dai Suoi cani abbaianti vagavano per la terra nelle notti senza luna. Eppure Ella proteggeva quei mortali che si purificavano nel Suo nome. Con i volti distolti essi Le offrivano cene rituali ai crocicchi solitari, luoghi di raduno degli spiriti. Allorché i riti di Hecate venivano osservati, le notti nere trapassavano silenziosamente l’una nell’altra. Ma se veniva sfidata, la Dèa sguinzagliava il potere della Sua collera e sferzava la terra, arrecando tempeste e distruzione. Gli animali ululavano di terrore, mentre i Suoi spettri camminavano liberamente.

Le ire feroci di Hecate erano rovinose, eppure non tutti i mortali le temevano. Alcuni bramavano unirsi a Lei. Allorché la luna era nera, piccole congreghe l’attendevano presso i salici procombenti. Ella appariva d’improvviso al loro cospetto con la Sua fiaccola e i Suoi cani. Un nido di serpenti si torceva fra i Suoi capelli, talvolta mutando, talvolta rinnovando. Fino a quando la luna nuova fendeva il cielo, Hecate condivideva le chiavi dei Suoi segreti. Coloro i quali credevano, comprendevano. Vedevano quale forma non era fissa, osservavano l’umano divenire animale divenire albero divenire umano. Erano testimoni del potere delle Sue erbe predilette: papavero nero, salsapariglia, mandragora, aconito. Terrificanti e grandiose erano le Sue capacità, eppure sempre Hecate insegnava la medesima lezione: «Senza morte non esiste vita».

(Tradotto dall’opera: Charlene Spretnak, «Lost Goddesses of Early Greece: A Collection of Pre-Hellenic Myths»,Boston, Beacon Press, 2005, pp. 77-83.)





Tana81
00mercoledì 22 ottobre 2008 16:52
E' un meraviglioso lavoro, grazie di queste perle d'incanto Alessandro, è una descrizione della triplice dea straordinaria. I dettagli nelle descrizioni fanno sognare ad occhi aperti e mi è parso di sentire un sussurro di richiamo mentre leggevo...grazie grazie grazie!!!

Diciamo che la triplice dea vista con le figure di Artemide Selene e Ecate è quella che più sento vicina, ovviamente a causa della nostra cultura dalle origini greche (penso). Per questo mi sono messa a cercare di loro. In questo periodo sono ferma con tutto il resto, sono in continua adorazione della luna e sto leggendo un libro interessante sulle energie degli alberi, le loro pulsazioni, l'Alber della Vita, gli spiriti elementali, la Natura e il suo battito, la Madre e le sue fasi, le sue fasi e l'uomo.
Qui ho trovato tutto, messo in relazione in modo meraviglioso, ma la parte che più di tutte mi colpisce e mi emoziona sono le danze per Artemide, la sua fusione con l'albero sacro, il suo tocco che da vita, l'albero che attira attorno a se gli animali, gli uomini che sentono queste vibrazioni e il loro battito diventa unisono a quello della Terra... mamma che emozione leggere tutte queste cose messe in relazione tra loro. grazie di questo tesoro di lavoro.

Comuque tutte e 3 sono figure incantevoli e potenti ... ma troppi nomi si sovrappongono e una robina vorrei chiedere: Diana e Artemide sono la stessa figura vero?
E' difficile trovare il bandolo della matassa con tutte queste tradizioni, nomi e attributi. Pero' mi sa che il senso del tutto l'ho trovato, quel filo che unisce tutto dall'india all'america, lo intravedo e mi pare una buona cosa.

Grazie ancora della meravigliosa traduzione. [SM=g27823] [SM=g27822] [SM=g27823]


Elke
00mercoledì 22 ottobre 2008 18:19
Sì Tana, Diana e Artemide sono a grandi linee la stessa cosa; anche se all'inizio gli Dèi romani erano simili, ma non equivalenti a quelli greci, poi l'influsso ellenizzante ha stabilito proprio equivalenze alquanto nette. Per dirne una pare che Diana originariamente non centrasse niente con la Luna, e che solo la sovrapposizione di Artemide le conferì anche quest'aspetto...
Poi per me, alcune questioni riguardano aridi e pignoli dibattiti, della serie "è nato prima l'uovo o la gallina", ma va bhe...
Il filo di fondo di cui parli anche te, ho avuto spesso anche io la sensazione che sia presente e tangibile in ogni tradizione, un filo d'Arianna, creato dalle mani sapienti delle Moire e che la Vergine Athena sapeva donare alle giuste persone...
Tornando alla nostra triade lunare, concordo nel dire che è descritta in maniera stupenda...
Delle danze dedicate ad Artemide è rimasta qualche traccia, e sono veramente ma veramente splendide per quel poco che se ne sa [SM=g27836]
[SM=g27838]
Elke
00venerdì 18 dicembre 2009 19:00
Riflettevo sulla figura di Artemide e su altre simili alla sua; meditavo sulla contraddizione data dal fatto che essa è sia la Signora degli Animali, sia la Cacciatrice. Me la sono sempre spiegata con il fatto che la Divinità incarna ogni aspetto dell'essere, quindi sia la vita che la morte, ma non mi ha mai convinto del tutto.
Oggi mi è invece balzato in mente che Artemide (e le altre Dee come lei) nella sua veste di Cacciatrice sia una Cacciatrice d'Anime. Non uccide i suoi compagni, gli animali che sono una parte integrante di Lei, ma va per il mondo a caccia delle anime belle degne di diventare animali appunto (animale viene da anima, dal greco anemos "soffio", "vento"). Uccide l'ego in loro permettendogli di ritrovare il loro aspetto animale, selvaggio, di divenire sé stessi, il loro animale "totem" se vogliamo...
In effetti se si pensa anche alla Caccia Selvaggia si capisce subito...ma io non c'ero mai arrivata [SM=g27819]
Tutto questo mi ricorda La casa delle Donne dagli occhi luminosi, nel quale tra l'altro, se non sbaglio, Sofia è proprio chiamata "cacciatrice d'anime". Od anche Il meraviglioso viaggio del Viaggiatore Turchino nella sua dolcissima parte finale, quando Viaggiatore Turchino è nella casa nel bosco con Cerva, Volpina e tutti gli altri...
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