Renato Curi

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jules maigret
00venerdì 1 febbraio 2008 15:25
Molti fra i + giovani sapranno ( quelli che s'intendono di calcio) che lo stadio di Perugia si chiama Renato Curi, sapete chi era?
jules maigret
00venerdì 1 febbraio 2008 15:26
eccovi alcune note. ( da Wikipedia)



Renato Curi (Montefiore dell'Aso, AP, 20 settembre 1953 - Perugia, 30 ottobre 1977) è stato un giocatore di calcio professionista italiano nel Perugia dei miracoli sino alla sua tragica morte, avvenuta in campo, per un arresto cardiaco, durante Perugia-Juventus nello Stadio Comunale di Pian di Massiano oggi a lui dedicato.

Centrocampista grintoso e generoso, inizia la sua carriera tra i Dilettanti nel Giulianova, con i quali conquista l'approdo in serie C. Dopo una breve parentesi nel Como, Renato, scoperto da Ilario Castagner, si mette in mostra nel Perugia nella stagione 1974-75 vincendo il campionato di Serie B e portando i biancorossi per la prima volta in Serie A. La stagione successiva, il Perugia è una delle sorprese del campionato e Renato (al debutto in A il 5 ottobre 1975 in Perugia-Milan 0-0) si mette in luce affinando la propria tecnica e continuando a profondersi nel massimo impegno. Il 16 maggio 1976 è proprio una rete di Renato Curi (in Perugia-Juventus 1-0) a decidere la vittoria del campionato del Torino ai danni della Juventus. Nella stagione 1976/1977, il numero otto biancorosso è determinante per il raggiungimento del sesto posto finale per il Perugia e molti giornali già parlano di un suo approdo in nazionale. Ma il 30 ottobre 1977, durante la partita casalinga con la Juventus, cinque minuti dopo l'inizio del secondo tempo, il sogno di Renato Curi finisce improvvisamente. La sua corsa termina in quel grigio pomeriggio di autunno, lasciando un vuoto rimasto incolmato
jules maigret
00venerdì 1 febbraio 2008 15:26
commovente e interessante il sito del Perugia Calcio a riguardo, vi troverete anche la voce di Ciotti mentre annuncia lo storico goal di Curi
ecco il link
jules maigret
00venerdì 1 febbraio 2008 15:32
commovente e interessante il sito del Perugia Calcio a riguardo, vi troverete anche la voce di Ciotti mentre annuncia lo storico goal di Curi
ecco il link
Bruno Cortona
00venerdì 1 febbraio 2008 16:19
ricordo moooooooolto bene lo storico goal di Curi che ci fece perdere il campionato consegnandolo al Torino e mi ricordo anche l'emozione che suscitò la sua fine.

bello il pezzo che ho trovato su Storie di calcio


Renato Curi
Morte nel pomeriggio

Riaffiorano i brividi, sull'onda di un singolare scambio via radio. «Scusa Ameri, qui a Perugia...» «Ho già capito tutto, Ciotti, e ti passo la linea». Ma il grande En­rico Ameri non poteva immagi­nare, come tutti gli sportivi in ascolto quella maledetta dome­nica, che Sandro Ciotti non chie­deva il collegamento per intervi­stare qualche personaggio cattu­rato al volo dopo il calcio minu­to per minuto, ma per consegna­re un terribile annuncio: «Il cen­trocampista Curi del Perugia è morto».
Domenica 30 ottobre 1977. A Perugia, nello stadio di Pian di Massiano, si gioca Perugia-Juventus. Gli umbri, guidati da Ilario Castagner, sono protagonisti di un piccolo miracolo di provincia e benché il campionato tocchi quel giorno appena la quinta giornata, il primo posto in graduatoria a pari merito con le grandi Juventus e Milan ha acceso nuovamente i riflettori su questa nuova realtà del calcio italiano.
Fatta di un modulo in qualche modo "totale" (in omaggio alla moda dei tempi), che significa soprattutto una squadra in cui tutti corrono e si sacrificano per il bene comune. E in cui peraltro non man-cano individualità magari non di assoluto spicco, ma certo di valore.
Se Novellino ha le stimmate del campione, due centrocampisti, il regista Curi e l'interno Vannini, l'uno il più piccolo del torneo (1,65) l'altro l'anima più lunga (1,90), sono considerati esponenti tipici delle migliori qualità della provincia. Hanno classe insomma, e posso­no portare lontano la squadra. La partita con la Signora del Trap è di quelle bloccate, marto­riata da una pioggia battente, su un terreno zuppo d'acqua, fatico­sissimo da tenere per i giocatori. Nel primo tempo Curi, uno dei migliori in campo per la puntua­lità della gestione della manovra, si infortuna leggermente in uno scontro con Causio. Nella ripresa tuttavia rientra, ma dopo cinque minuti, sotto la pioggia, si acca­scia improvvisamente al suolo. Il gesticolare disperato dei giocato­ri juventini accanto a lui, Benetti, Bettega e Scirea, fa pensare a qualcosa di grave, ma nessuno riesce a comprendere, non essen­dosi visti contrasti di gioco vio­lenti. Arriva la barella, il giocato­re esanime viene portato fuori dal campo.
I medici del Perugia gli praticano due iniezioni, il massaggio cardiaco, la respira­zione bocca a bocca: Curi è pao­nazzo, il battito del cuore è incep­pato. Mentre la partita, tra com­pagni e avversari ignari, prose­gue, viene caricato su un'au­toambulanza e portato al Policli­nico di Perugia. Dove tuttavia ar­riva praticamente cadavere: i tentativi di rianimarlo proseguo­no per una quarantina dì minuti, finché, alle 16,30 (in lugubre, perfetta contemporaneità con la fine della partita fischiata dal­l'arbitro Menegali) il giocatore viene dichiarato ufficialmente morto. Una fine terribile per la sua fulmineità.

Come sempre accade, un atti­mo dopo sì scatenano le polemiche. Si apprende che il giocatore ammetteva senza problemi, scherzandoci su, di avere "il cuo­re matto", dunque i medici po­trebbero avere avuto qualche responsabilità nella sua tragica fine. Perché non gli era sta­to impedito di mettere a repen­taglio la propria vita? E poi: il giocatore era reduce da un infor­tunio a una caviglia, fino all'ulti­mo la sua presenza in campo era stata incerta.
Curi era importan­tissimo per il gioco del Perugia e anche dal punto di vista psicolo­gico contava averlo in campo: suo era stato il gol alla Juventus che nell'ultima giornata del campionato 1975-76 aveva sottratto lo scudetto alla Signora, regalan­dolo al Torino. «In termini clini­ci» aveva assicurato il medico del Perugia alla vigilia «il gioca­tore è perfettamente guarito: le uniche perplessità riguardano la sua attuale tenuta atletica». E al­lora non era stato forse forzato quel rientro? Due giorni dopo, martedì 1 novembre, la "Gazzet­ta dello Sport" annuncia: «Curi non è stato fermato in tempo». Decisiva la dichiarazione del pro­fessor Severi, autore dell'auto­psia: «È stata trovata una malattia cronica del cuore capace di dare morte improvvisa».
Le pole­miche sì scatenano furiose, per placarsi a poco a poco, secondo consolidato quanto cinico copio­ne, dopo qualche giorno, sull'ur­gere dì altre attualità. Il compa­gno di squadra Lamberto Boranga, portiere e medico, avanza l'ipotesi che il giocatore conosces­se i rischi cui andava incontro, ma li mettesse nel conto della sua passione per il calcio, cui gli sa­rebbe parso impossibile rinun­ciare.

Ma chi era Renato Curi? Non un campione nel senso pieno del termine, forse stava diventando­lo, come spesso capita al culmi­ne di carriere nate in sordina e costruite con serietà e professio­nalità anno dopo anno.
Era nato ad Ascoli Piceno il 20 settembre 1953 ed era cresciuto nel Giulianova, con cui aveva esordito in Serie D. Quattro stagioni, con la promozione in C, e il posto da ti­tolare a diciassette anni, segno di un talento autentico. Instanca­bile motorino di centrocampo, aveva il dono di saper far girare i compagni, trovandosi sempre nel vivo del gioco. A vent 'anni, la prima occasione gliel'aveva of­ferta il Como, ma quella stagione in B non era stata esaltante. Al­lora lo aveva preso Castagner al Perugia, venendone ripagato con la pronta promozione in A. Un evento storico, così come la bril­lantissima salvezza dell'anno successivo. L'umile gregario, avanzando l'esperienza, si sco­priva regista di eccellente pun­tualità anche nella massima se­rie.
Ma a ventiquattro anni appe­na il suo sogno doveva essere spezzato. In una intervista, così aveva spiegato il "moto perpe­tuo " del suo gioco: «Non so dire come mai corro tanto. Ho pol­moni come gli altri, una certa vo­cazione per la corsa, da ragazzo ero buon mezzofondista, 800, 1500, 3000 metri. E poi ho un cuore matto, capriccioso. Dice­vano che ero malato, pensate un po'. Dal Giulianova al Como eb­bi un intoppo. E mi mandarono al Centro Tecnico di Coverciano perché il cuore aveva battiti irre­golari. Però è un cuore di atleta, si assesta appena compio degli sforzi. Quando corro, quando mi affatico, i battiti diventano per­fetti. Come capitava a Bitossi, il campione ciclista che chiamava­no appunto Cuore matto».
La vicenda giudiziaria si tra­scinò per qualche anno, chiuden­dosi in primo grado con l'assolu­zione e poi in appello con una lieve condanna (un anno coi benefici di legge) per il medico del Perugia e quello del Centro Tec­nico di Coverciano. Il pubblico ministero nella sua appassionata arringa aveva detto: «Quando un giocatore entra in una squa­dra professionistica, diventa solo un numero per tecnici, medici, dirigenti».
ugo.p
00giovedì 19 settembre 2013 09:26
un video tributo
jules maigret
00giovedì 19 settembre 2013 09:41
36 anni
capisco che dire che il tempo vola sia uno scontatissimo luogo comune......ma pensare che da allora, da quel Perugia, siano passati 36 anni mi fa davvero impressione
bibba
00venerdì 20 settembre 2013 12:04
......
lo ricordo come fosse ieri
Giggirriva
00giovedì 23 luglio 2020 15:55
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