Venezia: Palazzo Ducale celebra il Paradiso di Tintoretto

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vanni-merlin
00mercoledì 2 agosto 2006 00:08
Palazzo Ducale celebra il Paradiso di Tintoretto

di Annalisa Serpilli


Cristo giudice al centro di una composizione sferica da cui irradia tutta la sua luce divina.
Alla sua destra è la Vergine inginocchiata e intorno angeli con trombe volano come simboli della passione. Poi il libro della legge, mentre l’arcangelo Michele fa oscillare la bilancia. Con questa grande tela di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane intitolata il Paradiso si aprirà dal 9 settembre a Palazzo Ducale a Venezia la mostra “Il Paradiso di Tintoretto, un concorso per Palazzo Ducale”.
L’evento espositivo, curato da Giandomenico Romanelli, Jean Habert e Maria del Mar Borobia Guerrero, ricostruisce la singolare vicenda del concorso tra artisti che la Serenissima bandì nel 1582 per la realizzazione della più grande tela del mondo, il Paradiso del Maggior Consiglio. Grazie alla collaborazione delle Istituzioni che oggi li conservano tra cui il Louvre e il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, sono stati riuniti, dopo oltre quattro secoli, alcuni dei dipinti presentati alla gara da Paolo Veronese, Francesco Bassano, Jacopo Palma il Giovane e Tintoretto, presente con varie interpretazioni del tema. La mostra consente di verificare come la personalità di ogni artista abbia saputo offrire approcci ed esiti diversi a un tema rigidamente definito dalla committenza. Allo spettatore è consentito esplorare le sensibilità, le preferenze compositive, i riferimenti politici, dottrinali ed estetici di ciascuno.
Sulla parete orientale dell’immensa e sontuosa sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale, cuore del potere dell’antica Repubblica di Venezia, è addossata un’ampia piattaforma lignea, su prendevano posto il doge e i suoi consiglieri. Al di sopra di questa tribuna c’ era un immenso affresco che occupava tutta la parete, raffigurante l’Incoronazione della Vergine davanti alle gerarchie celesti, comunemente noto come il Paradiso, eseguito verso il 1365 dal più famoso artista dell’epoca in questa zona, il padovano Guariento (attivo tra il 1338 e il 1367). Danneggiato dal tempo e quasi distrutto da un grave incendio scoppiato in quest’area del palazzo nel 1577, l‘affresco venne coperto dalla grande tela di Tintoretto che, realizzata tra il 1588 e il 1592, tuttora sovrasta e inquadra la tribuna e rappresenta il Paradiso.
Perché un soggetto sacro per la decorazione più importante della sala che ospita la principale magistratura del governo laico della Repubblica? E perché affidare l’incarico a Tintoretto con un soggetto uguale a quello rappresentato 2 secoli prima? A questa domanda la mostra cerca di rispondere, da un lato iniziando il suo percorso dalla sala, contigua a quella del Maggior Consiglio, in cui sono esposti i resti recuperati dell’antico affresco del Guariento, dall’altro ricostruendo la vicenda del concorso del 1582.
Al concorso partecipano vari artisti. In alcuni prevalgono intenti più prossimi all’allegoria politica, in altri si privilegia la coerenza teologica della rappresentazione. La scelta non fu semplice e la vicenda è complessa: la gara fu assegnata, curiosamente, non a uno ma a due artisti, Paolo Veronese e Francesco Bassano, che avrebbero dovuto lavorare insieme, ma l’opera, nel 1588, alla morte improvvisa di Paolo, non si era ancora realizzata. L’incarico venne quindi affidato a Tintoretto, che vi lavorò, con il preponderante aiuto del figlio Domenico, tra il 1588 e il 1592. All’autore di una delle proposte più innovative, il giovane Palma (1548-162[SM=g27989], fu quindi affidato dalla Repubblica l’incarico di realizzare, nella contigua sala dello Scrutinio un Giudizio Universale, prima tappa di un ideale percorso di redenzione verso la meta finale rappresentata da questo particolare Paradiso veneziano.
Al centro dell’esposizione sorprende lo spettatore la grande tela del Tintoretto. È, questo, uno dei modelli per il Paradiso intorno ai quali sono fioriti più dibattiti e ricerche. L’ipotesi più accreditata per questo dipinto è che l’autore lo abbia realizzato prima del concorso, nel 1564 -quando la Repubblica sembrava intenzionata a sostituire l’affresco di Guariento, danneggiato dal tempo - e che lo abbia rimaneggiato nel 1582, per presentarlo al concorso, adeguandolo ai mutamenti del soffitto della sala dovuti ai restauri successivi all’incendio. L’iconografia e la gerarchia celeste tradizionali del paradiso sono rispettate, con Cristo che incorona la Vergine, sovrastati dalla colomba dello Spirito Santo immersa nella luce e vero polo magnetico della composizione. Intorno sono gli Apostoli, come nella Pentecoste. Seguono ellissi concentriche, che progressivamente sfondano la scena per richiudersi idealmente nello spazio tridimensionale della sala e abbracciare l’osservatore, in cui sono disposti prima gli angeli e poi gli evangelisti, i patriarchi e i dottori della chiesa e poi i profeti. Ai lati della composizione, si trovano i santi e le sante, i guerrieri della fede, i confessori, i martiri, i vescovi. Nudi sono Adamo ed Eva verso sinistra e Maria Maddalena all’estremità destra. Tutti fissano Cristo. Al centro, proprio sopra la tribuna della Signoria, suona un’orchestra di angeli musicanti e la luce illumina la ricca gamma di colori cangianti. La composizione, che riflette l’inquietudine spirituale dell’epoca manierista, evoca forze naturali scatenate in un movimento rotatorio e ascensionale che coinvolge tutti, dagli angeli e i santi fino allo spettatore, rapito in un cono prospettico che ha come punto di fuga l’incoronazione della Vergine. Probabilmente è la forza drammatica dell’opera a sconcertare la commissione che non affida subito la vittoria della gara all’autore.
La mostra apre il 9 settembre fino al 3 dicembre

www.museiciviciveneziani.it


da: www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=21.0.1987783514&chId=30&artType=Articolo&DocRulesVie...

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