00 01/10/2005 00:05
IL SOLE 24 ORE
29 settembre 2005

riforma elettorale

Gianfranco Pasquino: «Favoriti i parlamentari trasmigratori di centro»
di Sara Bianchi

È partita oggi alla Camera la discussione generale sul testo di Riforma della
legge elettorale in senso proporzionale, così come lo ha modificato e approvato
la Commissione Affari Costituzionali.
Rispetto alla precedente, la nuova bozza inserisce la soglia di sbarramento
al 2% per i partiti di coalizione, al 4% per i partiti non coalizzati e al
10% per le coalizioni stesse; nel conteggio dei voti entrano anche quelli
delle liste sotto il 2 per cento.
«Questo taglia la testa al toro alle obiezioni dell'opposizione, rispetto
alla prima proposta che non riconosceva i voti alle liste che non avessero
raggiunto il 4%», dice Gianfranco Pasquino, professore di Scienza politica
all'Università di Bologna e alla Johns Hopkins University, «in questo modo
il centrosinistra può utilizzare tutti i suoi voti. È perciò una decisione
buona. Lo sbarramento al 4% per i partiti non coalizzati è una decisione
logica, del resto esiste anche oggi: Lega, Udc e Lista Di Pietro possono
provare, se vogliono, a superare quella soglia. Lo sbarramento del 10% per
la coalizione è una scelta obbligata, che rende il bipolarismo automatico».
Dai Ds il coordinatore della segreteria Vannino Chiti ha avanzato all'Udc
una proposta di desistenza se abbandonasse la maggioranza, ma Marco Follini
ha chiuso a ipotesi di questi tipo: «Argomento che non esiste», ha detto
«La verità è che anche tra molti deputati di centrosinistra il vento proporzionalista
ha sempre spirato, da Rifondazione agli ex Dc della Margherita con Nicola
Mancino fino ai Ds con Cesare Salvi. Ma se il centrosinistra vuole vincere
molto deve conservare l'attuale sistema e abbandonare la tentazione di fare
furbate. Se conta di vincere lo stesso potrà affossare la riforma».
Stando così le cose il centrosinistra non ha i numeri per affossare la riforma,
è la ragione per cui ha annunciato opposizione totale.
«Se affossare la riforma non è possibile, sarebbe stato più sensato migliorare
la legge propozionale proposta, le posizioni barricadiere non premiano».
Quali sono a suo modo di vedere i punti poco sostenibili e quindi migliorabili?
«In primo luogo l'ampiezza delle circoscrizioni: obbliga a costosissime campagne
elettorali e rende sempre più problematico il rapporto del parlamentare con
il collegio. Oltretutto se non c'è voto di preferenza, la decisione sui candidati
da eleggere viene presa dai massimi vertici di partito, con l'effetto di
vedere concentrato uno straordinario potere nelle mani di pochi dirigenti.
E chi è posizionato in fondo alla lista sa bene che quasi certamente non
riuscirà ad arrivare in Parlamento, perciò si orienterà verso una campagna
elettorale sotto tono. Il proporzionale comporta così un notevole aumento
dei costi per la propaganda elettorale, un maggiore clientelismo e il proliferare
di parlamentari lacchè».
L'Udc non ha ancora escluso la possibilità di introdurre un emendamento per
ripristinare le preferenze . ...
«I centristi valutano che i propri candidati si scatenerebbero e potrebbero
in questo modo ottenere più voti, avere un maggior consenso. Da sempre, del
resto, gli uomini Dc sono stati dei buoni catturatori di preferenze e sono
maestri nell'arte di creare correnti. Certo, quello delle preferenze è uno
strumento che agevola la lotta al coltello dentro i singoli partiti e introduce
forti elementi di conflittualità tra i partiti stessi».
Dunque, la sua valutazione resta negativa su questa proposta di riforma in
senso proporziale ...
«È un sistema meno buono del maggioritario, persino meno buono del non esaltante
Mattarellum. Teniamo presente che ciò che ancora non vediamo è quello che
succederà in Parlamento. Perchè se non saranno inserite delle sanzioni per
la coalizione in caso di scioglimento della stessa, avranno buon gioco quei
parlamentari trasmigratori che guardano al movimento nel centro. In altre
parole, questo potrebbe aprire le porte ai centristi di centrodestra e di
centrosinistra».
Immaginiamo il Parlamento di domani, con questa nuova legge...
«Secondo i sondaggi oggi più accreditati il centrosinistra ha il 6-8% di
vantaggio, con 90 seggi ... una buona maggioranza, quindi. Con la nuova legge
arriverebbe a 40 seggi, dunque la sua maggioranza sarebbe dimezzata».
Se l'Unione vincerà le elezioni potrebbe decidere di intervenire sulla riforma?
«Vede, nessuno nell'opposizione ha tirato fuori ora la possibilità di riformare
il Mattarellum. Nessuno ha pensato che con intelligenza oggi poteva suggerire
questo tipo di riforma, che in ogni caso sarebbe rimasta agli atti. Gli elettori
dovrebbero sapere fin d'ora quale sistema elettorale il centrosinistra propone
loro».
Lei come lo modificherebbe il Mattarellum?
«Innanzi tutto occorrerebbe cambiare il sistema dello scorporo, abolendo
la seconda scheda. Questo darebbe una buona spinta agli eventuali Partiti
Unici. Tuttavia, personalmente, preferisco il doppio turno alla francese,
con la riduzione di parlamentari e la possibilità di uniformare nel numero
eletti e circoscrizioni, 475 a Montecitorio e 228 al Senato».





LA STAMPA
30 settembre 2005
E ora destra e sinistra calcolano chi ci guadagna
Fabio Martini

Nel centro del Transatlantico si complimentano tutti con lui, onorevoli amici,
onorevoli nemici e cronisti. Tutti intuiscono che se la riforma elettorale
alla fine si dovesse fare, una parte del merito andrebbe anche alle strattonate
di quel signore in mezzo al crocchio, l?udc Bruno Tabacci. E lui, quando
i ?clienti? se ne vanno, confida compiaciuto: «In queste ore sta cambiando
tutto, molti colleghi incerti si stanno convincendo, la riforma può davvero
passare e a quel punto si realizza una rivoluzione. La novità più grossa
è che un domani io e gli altri 630 deputati siamo eletti nelle liste di partito.
Ed è ai partiti che anzitutto dovremo rispondere, non alla coalizione...».
Giovedì 29 settembre resterà il giorno nel quale capi e peones di tutti i
partiti, quasi in un batter d?occhio, hanno realizzato che l?ennesima bozza
di riforma elettorale non è la solita chimera e dunque fra 150 giorni le
regole per entrare in Parlamento potrebbero essere radicalmente diverse dalle
attuali. Ed è partita una corsa febbrile per capire costi e convenienze.
Per i singoli onorevoli. Per i singoli partiti. Per Silvio Berlusconi. E
per Romano Prodi.
Fino a 48 ore fa, su entrambe le sponde, prevaleva la pigrizia del ?tanto
non se ne fa niente?. A svegliare i capi dell?opposizione ha provveduto il
presidente dei deputati ds Luciano Violante che, nel corso del vertice pomeridiano
dell?Unione con Prodi, ha detto: «Guardate che se nelle prime due votazioni
segrete non vanno sotto, la situazione si fa molto difficile». Ed è partito
il calcolo dei costi e dei benefici: chi ci guadagna e chi ci perde col ?Toscanellum?,
il sistema elettorale che riecheggia quello adottato nella regione Toscana?
Chi appare sulla difensiva è Romano Prodi. «L?opposizione grida all?inganno,
ma con questa riforma chi ha più voti, vince - dice Francesco D?Onofrio,
presidente dei senatori udc - Il vero inganno svelato da questa legge è che
Prodi non ha un partito, è senza padre e senza madre. Tutti i partiti del
centrodestra e del centrosinistra hanno un leader, ma il potenziale capo
dell?opposizione non ha un partito». E al momento, come riconoscono i prodiani,
sono impraticabili tutte e tre le ipotesi sulla carta, il Professore capolista
della Marhgerita, dei Ds o di una Lista Prodi.
Ma il ?Toscanellum? conviene davvero a Silvio Berlusconi? Enzo Carra, uno
che da portavoce di Arnaldo Forlani ha vissuto la Prima Repubblica in prima
linea, annuisce: «Questo sistema, incardinato sulle liste di partito, restituisce
a Berlusconi la leadership, mentre Forza Italia che era un partito in agonia
- col Cavaliere capolista in tutta Italia - è destinata a riprendere quota».
Forza Italia ci guadagnerebbe e gli altri partiti del centrodestra? Gianfranco
Fini, due sere fa, ha spiegato ai suoi che, mentre con l?attuale legge elettorale
An rischia di perdere alcune decine di onorevoli, col sistema proporzionale
«una novantina di noi torneranno alla Camera». Un risultato confortante per
la destra che oggi può contare su 93 deputati. E l?Udc? Nel 2001 i centristi
(allora Biancofiore) si fermarono al 3,2% ma conquistarono (anche grazie
alla benevolenza di Berlusconi) un numero di deputati (40) che in percentuale
(6,3%) rappresenta il doppio della percentuale dei voti ottenuti al proporzionale.
Sostiene il costituzionalista ulivista Stefano Ceccanti: «Tutti i partiti
del centrodestra hanno da guadagnare dalla riforma e tutti i partiti di centrosinistra
hanno da perdere. Per un motivo semplice: sondaggi e proiezioni in possesso
dei due poli attribuiscono oggi all?Unione circa 380 seggi, mentre con la
riforma la quota massima per la maggioranza sarebbe di circa 340. In sostanza,
col proporzionale il centrodestra conterrebbe le perdite, ottenendo una quarantina
di seggi in più».
E a sinistra? Nel 2001 i Ds hanno ottenuto al proporzionale il 16,6%, ma
i deputati della Quercia entrati a Montecitorio col sistema maggioritario
sono stati 137, pari al 21,7%. Ma nel vertice dell?Unione Piero Fassino non
ha fatto calcoli di parte nell?osteggiare una riforma che ha definito «truffaldina».
E così, allo spirare di una giornata nella quale la riforma è parsa più vicina,
da diverse sponde molti sono arrivati alla stessa conclusione: la nuova legge
elettorale - per il ruolo predominante dei partiti, per l?allentato vincolo
di coalizione - potrebbe realizzare una vera rivoluzione nel sistema. Per
dirla con uno studioso della politica, in politica da più di 10 anni come
Domenico Fisichella «saremmo davanti ad un mutamento davvero significativo
di sistema», «la previsione di un premio di maggioranza si accampagnerebbe
ad un rafforzamento del criterio di designazione partitica dei candidati.
Più che una Terza Repubblica rischia di riaprirsi una transizione che si
stava cercando di concludere». Ma il verde Marco Boato obietta: «Andiamoci
piano con i calcoli sulle convenienze: la storia dimostra che quando si cambia
la legge elettorale cambia il comportamento dei partiti ma anche quello degli
elettori. Che in 11 anni si sono affezionati al maggioritario, bocciando
tutte le ipotesi centriste, da Martinazzoli ad Andreotti».


INES TABUSSO