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"I soldi sono ormai pochi per consentire in ogni aula lo stenotipista, ha spiegato con sincerità disarmante il vertice della Corte d'Appello di Napoli, Raffaele Numeroso. Poi ha scritto al Guardasigilli, per essere autorizzato ad accedere ad altri fondi. Intanto l'ottanta per cento dei dibattimenti è stato già rinviato in un mese"



LA REPUBBLICA
14 ottobre 2005

Dibattimenti fermi se non ci sono almeno tre persone sotto accusa
E devono essere detenuti. Nel caos la giustizia penale
"Stop ai processi
con pochi imputati"
di CONCITA SANNINO

NAPOLI - Tre ore e mezza per trascrivere a mano, in aula, la deposizione di un medico indagato per omicidio colposo. Quattro ore per riassumere, sempre con un cancelliere nel ruolo dell'amanuense, il racconto di un solo teste vittima del racket. E ciò solo nel caso la fortuna assista quel processo. Altrimenti, per effetto di una recente circolare dei vertici del Tribunale di Napoli, se in aula non ci sono tre imputati, tutti e tre detenuti, non c'è speranza di vedere uno stenotipista al lavoro.

Così le udienze saltano, il dibattimento resta fermo, il termine della prescrizione dei reati si fa più vicino e inquietante. E il popolo di indagati, vittime, pubblici ministeri, difensori e consulenti viene rimandato a casa quasi quotidianamente.

Così muore, a Napoli, la giustizia penale. Al punto che un modesto pensionato, Luigi Buono, 72 anni, ha chiesto ufficialmente di poter pagare di tasca propria le spese della stenotipia pur di non vedere impuniti i presunti responsabili della morte di sua moglie, vittima di un caso di malasanità. "Posso fare una donazione, un assegno, fino a 3 mila euro. Ma non voglio morire senza vedere la fine del processo, sono già passati quattro anni. Io mi vergogno di essere italiano", si indigna l'ex artigiano. Sua moglie si chiamava Rosaria, morì nel 2001. Entrata in ospedale per un banale intervento alla colecisti, entrò in coma, poi l'arresto cardiaco. E due medici sono tuttora imputati, per omicidio colposo e falso.
I soldi sono ormai pochi per consentire in ogni aula lo stenotipista, ha spiegato con sincerità disarmante il vertice della Corte d'Appello di Napoli, Raffaele Numeroso. Poi ha scritto al Guardasigilli, per essere autorizzato ad accedere ad altri fondi. Intanto l'ottanta per cento dei dibattimenti è stato già rinviato in un mese. Processi per associazione a delinquere, per bancarotta, per reati economici, per inquinamento ambientale, per colpa professionale. Colpa della mancanza di fondi che ha determinato quasi l'azzeramento del servizio di stenotipia, il solo che garantisca una trascrizione fedele e veloce degli atti dell'accusa e della difesa. Ma anche colpa di alcune anomalie partenopee: la manodopera degli stenotipisti costa nel capoluogo campano più che in tutto il Paese (7 euro a pagina contro i 4 o 5 della media nazionale), e le sofisticate apparecchiature della fonoregistrazione, già da tempo arrivate a Palazzo di Giustizia, giacciono intonse perché nessun cancellerie sarebbe stato ancora abilitato per mettervi le mani.
È nella terza città italiana dove l'attività giurisdizionale è di fatto negata che arriva oggi il ministro Roberto Castelli, ospite di un congresso dei giovani avvocati. Ma, ragiona la presidente dell'Anm, Linda D'Ancona, "ciò che ci preoccupa è che questo allarme è destinato ad aggravarsi. Problemi analoghi ci sono già nei Tribunali di Nola e Santa Maria Capua Vetere. Negli ultimi tre esercizi finanziari, è stato tagliato circa il 20 per cento delle spese per la giustizia: Il nuovo progetto di legge finanziaria prevede un ulteriore taglio del 10 per cento". Risultato: il sistema penale è stritolato dalla crisi. L'ultima assemblea dei giudici - circa cento magistrati - riunitasi sull'emergenza stenotipia "ha deciso all'unanimità di convocare un incontro pubblico per il 4 novembre - è scritto in un documento di ieri - cui sono invitati politici e componenti napoletani del Csm".

INES TABUSSO