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IL MESSAGGERO
16 Dicembre 2005
dal nostro inviato
ALBERTO GENTILI

Strasburgo
«BRAVO Fassino, bravo Piero, quando il partito è aggredito, il segretario si fa sentire...». Seduto alla scrivania nel suo studio al sesto piano del Parlamento europeo, Massimo D'Alema scorre la rassegna stampa sul caso-Fiorani, sorseggia un caffè e commenta le parole del segretario diessino sui rapporti tra la Quercia e l’Unipol di Consorte. Poi, il presidente ds prende il cellulare: «Ciao Piero, ti ho letto, sei stato grande. Mi hanno detto che non hai neppure perso le staffe nonostante l'aggressione tv». Finita la telefonata, D’Alema a Strasburgo per le votazioni sul bilancio europeo torna alla lettura dei giornali. «Leggo che i Ds sono tesi. Follie. Io le sembro teso?».
Senz’altro tesa è la situazione italiana. Il capo di Unipol, Consorte, è indagato dalla procura di Roma per la scalata a Bnl. L’accusa: aggiotaggio, manipolazione del mercato e ostacolo all’autorità di vigilanza. Cosa le sembra?
«Non posso commentare indiscrezioni lasciate trapelare, altrimenti dovrei dire cosa penso di questo metodo. Sul fatto, insomma, di far uscire notizie coperte da segreto istruttorio. Dico solo una cosa: bisogna fare chiarezza e occorre farla al più presto. Siamo di fronte a cose che lasciano decisamente interdetti».
La Malfa sostiene che questa indagine è motivo di grande imbarazzo per i Ds...
«Imbarazzo? Non mi pare proprio. Nessun imbarazzo. A La Malfa non vorrei replicare polemicamente».
Da Roma rimbalza anche l'eco di forti preoccupazioni per una Tangentopoli 2, per una campagna elettorale avvelenata. L'accusa che ha portato in manette Fiorani e altri manager della Banca Popolare di Lodi parla di «appropriazione indebita per finanziare politici nazionali». Ci sono molti omissis, anche se qualche nome è trapelato…
«Sia per la natura di queste questioni, in cui sono in gioco interessi legittimi e rilevanti, sia per le connessioni con la vita politica, come dicevo c’è un dovere della magistratura a fare presto e ad appurare con rapidità come stanno le cose. E’ evidente che il perdurare di una situazione di veleni, di sospetti, di voci, potrebbe risultare molto pesante per l'economia e per la vita politica in un momento estremamente delicato».
Le indiscrezioni riferiscono di soldi di Fiorani finiti nelle tasche di politici della Lega e di Forza Italia...
«Non commento neppure queste indiscrezioni. Ma il quadro delle accuse è molto grave. Segnala una situazione sicuramente preoccupante, che rischia di colpire la credibilità di un settore molto delicato nella vita economica del Paese. D'altro canto anche la conclusione dell'indagine della magistratura sullo scandalo Cirio, che ha colpito tanti risparmiatori italiani, delinea un quadro allarmante, coinvolgendo i vertici di alcune della maggiori banche del Paese. Quindi, ripeto, è interesse dell'opinione pubblica che sia fatta chiarezza al più presto, sia per quanto attiene alla tutela dei risparmiatori, sia per quanto riguarda eventuali connessioni con il mondo politico. E figuriamoci quanto interesse possa avere io, e il nostro partito che siamo stati ingiustamente additati come quelli che erano dietro a certe operazioni, ad avere chiarezza. Non appena si toglieranno gli omissis, sarà più chiaro il quadro delle eventuali complicità politiche di cui tanto si è parlato. Magari ci potremo togliere la soddisfazione di denunciare qualcuno di quelli che in questi mesi hanno lanciato accuse infamanti e prive di qualsiasi consistenza».
Si riferisce al caso Unipol-Consorte? Fassino ha detto: «Non sono il compagno di merende di nessuno». Lei è il compagno di merende di qualcuno?
«Fassino ha reagito con la giusta nettezza. Sta avvenendo una cosa singolare: di fronte all’emergere di responsabilità e connessioni politiche che sono in tutt’altra direzione rispetto a ciò che era stato auspicato da tanta parte degli osservatori, adesso si invoca che bisogna colpire a sinistra. Come se la giustizia fosse lì a distribuire un colpo al cerchio e uno alla botte, e non invece ad accertare illeciti e responsabilità personali. Qui manca la cultura giuridica, altro che garantismo. Calma, ragazzi. La magistratura faccia il suo dovere. Noi abbiamo difeso, e difendiamo, il diritto delle cooperative di muoversi sullo scenario economico come altri soggetti, senza dover essere sottoposte a una pregiudiziale per ragioni politiche o ideologiche. Dopo di che, se ci sono illeciti, responsabilità delle persone, la giustizia faccia il suo corso. Noi non abbiamo nulla da nascondere, né alcuno da proteggere. Però, ciò che è intollerabile è leggere su un giornale della destra, Libero : “Ora tocca a loro”. Sono cose da pazzi. Non è tollerabile che ci possa essere una giustizia che si muove a comando perché sugli spalti una tifoseria urla: “Colpisci quello”. La magistratura individua responsabilità personali e illeciti, non ha il compito di pareggiare i conti tra la destra e la sinistra».
Continua nella difesa...
«In questi mesi sono state dette cose incredibili. E' stata costruita non solo una campagna di criminalizzazione del movimento cooperativo, che è una grande realtà economica del Paese che conta milioni di soci e tante aziende tra cui Unipol. Tante aziende che producono ricchezza e lavoro. Ma anche una campagna di criminalizzazione del maggior partito italiano».
Sembra però che Consorte abbia anche operato con Fiorani nella scalata di Antonveneta. Ci sono due indagini e le parole di Fiorani...
«Le indagini sono indagini fino a quando non sono sentenze e le parole restano parole fino a quando non sono provate. Comunque una cosa è avere relazioni con queste persone, un'altra è commettere illeciti. Insomma, una cosa è intrattenere rapporti economici, un'altra è l'avere compiuto insieme degli atti illegittimi».
Fiorani in una telefonata si è definito “sangue del sangue” di Consorte. Insomma, qualcosa di più di una relazione economica. Una vera e propria amicizia.
«Ripeto, le indagini sono in corso e bisogna soltanto sperare che si faccia piena luce al più presto, rimovendo gli omissis in modo che tutti possano sapere di che cosa si tratta».
Tabacci l’ha accusata di avere coperto politicamente Consorte. Cosa risponde?
«Ho una grande stima personale di Tabacci. L'ho difeso anche quando era oggetto di accuse molto gravi e quindi mi dispiace che lui mi aggredisca sul piano personale. Mi ferisce proprio rispetto alla natura dei nostri rapporti».
Lei ha difeso la scalata di Unipol su Bnl. Ma ci sono perplessità anche a sinistra. Il segretario della Cgil, Epifani, parla di «passo più lungo della gamba».
«Ho sostenuto alcuni mesi fa che Unipol è una società quotata in borsa e che ha diritto di prendere le iniziative che normalmente si prendono in questo campo: Opa, acquisizioni e quant'altro. Ho anche detto che rifiuto l'idea che si faccia un dibattito politico su questo perché a giudicare è il mercato, cioè gli azionisti di Unipol, e gli organi competenti ad autorizzare o meno queste operazioni sulla base dei criteri previsti dalla legge. Infine, ho sostenuto che Unipol è una società che ha ottenuto dei grandi successi, quindi fin qui è stata gestita molto bene. Aggiungo che non spetta a me giudicare: sarebbe del tutto sballato pensare che Unipol si muova sulla base di input politici. Se seguisse le direttive del partito, fallirebbe: noi non abbiamo competenze in questo campo. Insomma, non ho le certezze di Epifani che evidentemente è un esperto di società finanziarie. Ma noi abbiamo posto un altro problema, abbiamo respinto un linciaggio politico verso il movimento cooperativo, quasi che il movimento cooperativo non fosse “autorizzato”. Abbiamo ricordato che Unipol è una società quotata in borsa che ha tra i suoi compiti fare assicurazioni e banche. In altre parole, abbiamo respinto un'aggressione politica. Ma per il resto non mi occupo né di Opa, né di scalate, né di niente».
Non ha parlato del governatore di Bankitalia, Fazio.
«Da tempo ritengo che il governatore avrebbe dovuto rinunciare all'incarico. E secondo la mia opinione gli ultimi sviluppi confermano l'insostenibilità della situazione. Ma i problemi vanno al di là della Banca d'Italia, siamo di fronte a una crisi di credibilità che investe tutto il Paese. Penso al declassamento dell'Italia deciso da Standard & Poor’s. Un fatto allarmante. Ma Berlusconi dirà che questa società di rating è la nuova sede del Cominform presieduta, come è noto, da Stalin».
Una domanda fuori dalla querelle bancaria. De Benedetti ha cominciato a pensare al futuro. Ha indicato un ticket “giovane”: Rutelli-Veltroni. L’ingegnere l’ha dimenticata...
«Il centrosinistra non è per sua natura gerontocratico. Abbiamo candidato Rutelli alla guida del Paese nel 2001, quando era giovanissimo, fece un'ottima campagna elettorale, ma non vinse. Questo forse vuol dire che l'età non è un fattore così determinante nella valutazione elettorale. E Veltroni era il leader del maggior partito e oggi sia Walter che Francesco continuano ad essere tra i maggiori protagonisti del centrosinistra, ma il leader è Prodi, perché scelto da milioni di persone».
D’Alema tagliato fuori?
«D'Alema, per quanto possa dare fastidio, continua ad esserci. C'è poco da fare, per quanto esista nell'Italia che conta una certa ostilità nei miei riguardi ci sono ancora tanti cittadini che invece manifestano simpatia. Che vuole fare? Se la politica vive di consenso e di idee, uno che è in grado di avere consensi e di proporre delle idee, sta sul mercato».
Farà il ministro degli Esteri?
«Ho una notevole passione per la politica internazionale di cui mi occupo e continuerò ad occuparmi, anche se non facessi nulla. Ma ciò non significa che prenoti qualcosa. Perché sono meridionale, e partecipare a un dibattito su chi deve fare cosa dopo le elezioni porta male. Malissimo. E perché, nel caso in cui dovessimo vincere le elezioni, sul governo deciderà Prodi».

INES TABUSSO