00 02/02/2006 23:28
LA REPUBBLICA
2 febbraio 2006
La dose minima di par condicio
Curzio Maltese

IN NESSUNA democrazia una par condicio elettorale così governativa sarebbe stata salutata con sollievo dall´opposizione. Siamo rassegnati al meno peggio soltanto noi, terra del Far West televisivo, del quotidiano abuso di potere mediatico. E´ una par condicio in dose minima e per uso personale, ristretta nei tempi e nei modi. Tanto per cominciare, non ci salverà da altre due settimane d´invasione berlusconiana degli schermi. Il consiglio d´amministrazione della Rai sembra infatti deciso a ignorare l´appello di Ciampi e obbedire a Berlusconi, guarda caso, facendo slittare l´applicazione delle norme oltre la metà di febbraio.
La vicenda è imbarazzante da molti punti di vista. Prima di firmare la proroga per i lavori delle Camere, il presidente della Repubblica aveva chiesto e ottenuto rassicurazione dalla maggioranza che il provvedimento servisse davvero a finire l´esame delle leggi e non ad allontanare con un trucco la par condicio. Per ulteriore chiarezza, Ciampi ha invitato la tv pubblica a rispettare la legge fin dal giorno successivo l´applicazione, ovvero da oggi. Molti esponenti autorevoli del centrodestra, a partire dai presidenti delle Camere e del Senato, hanno approvato l´appello, con tanto di inchino all´alto valore morale eccetera. Alla fine, era un trucco. Il termine di buffonata può suonare inappropriato per una vicenda che coinvolge tante e tali cariche istituzionali, eppure si fatica a trovarne un altro.
L´altro vantaggio evidente che la par condicio ristretta offre alla maggioranza, anzi al padrone in persona, è la sequenza delle due conferenze stampa finali che Berlusconi terrà il penultimo e l´ultimo giorno di campagna elettorale, nel silenzio di tutti gli altri, in qualità prima di capo della maggioranza e poi di capo del governo. Siamo abituati al Cavaliere bino e trino ma questo è davvero troppo. Molti autorevoli esponenti della maggioranza assicurano naturalmente che il premier cederà il posto a un vice, Fini?, nella prima occasione per evitare di profittare troppo della norma. Visti i precedenti, si può serenamente escluderlo fin d´ora.
Ma questi sono dettagli, importanti magari. Quello che conta è il quadro generale di qualità democratica del nostro paese. Se dobbiamo dar retta alla stampa estera, siamo ormai una periferia del mondo democratico confinante col Sudamerica. Grazie alla campagna personale lanciata dal premier in ogni angolo dell´etere pubblico e privato, il caso italiano è finito ancora una volta sulle prime pagine dei grandi giornali, da Le Monde a Herald Tribune. La difesa della maggioranza, «la solita stampa comunista», è quasi più deprimente dell´attacco.
Le colpe non sono tutte di Berlusconi e del suo conflitto d´interessi, per quanto rimanga la questione centrale. Stupisce anche in questa circostanza l´arrendevolezza dell´opposizione che avrebbe potuto lanciare una battaglia di civiltà con la benedizione del Quirinale e non l´ha fatto. Ha preso una strada consolatoria, il ripetere, soprattutto a se stessi, che la televisione non è tutto, con la televisione non si governa e non si vincono le elezioni. Vera o falsa che sia questa tesi, conferma un´insensibilità preoccupante. La televisione generalista è in ogni caso il luogo principale della lotta politica nelle democrazie moderne. Soprattutto per i ceti popolari, che comprano pochi giornali e non possono permettersi il lusso delle tv a pagamento. Che sinistra è quella rassegnata a offrire ai ceti popolari una bassa qualità democratica?
Ma è altrettanto vero che non solo la politica è responsabile. Dalla campagna elettorale esce a pezzi la professionalità dei giornalisti televisivi. Mai un vero contraddittorio, mai una domanda. Berlusconi da mesi sostiene nei salotti televisivi sciocchezze colossali. Per esempio che lui, al posto di Prodi, sarebbe riuscito a ottenere un cambio dell´euro a 1500 lire. Non occorre essere professori alla Bocconi per sapere che si tratta di una leggenda da ignoranti. Basta fare con un minimo di decenza la professione di giornalista. Il premier cita di continuo dati falsi. S´inventa che i crimini sono diminiuti del trenta per cento, quando il giorno prima il suo stesso ministero ha diffuso statistiche in aumento. Ma i giornalisti chiamati al contraddittorio non riescono neanche a interrompere il suo monologo, e certo non possono aspettarsi che sia Vespa a dar loro la parola.


*****************************************************************




DA RAGIONPOLITICA.IT
DIPARTIMENTO FORMAZIONE FORZA ITALIA


FACCIA A FACCIA
Ci saranno dunque due faccia a faccia tra Berlusconi e Prodi, in cui apparirà tutta la differenza tra le figure politiche dei leader dei due schieramenti. Berlusconi combatte la campagna elettorale con la sua persona: il suo messaggio politico fa parte della sua identità di uomo. Dietro a Prodi, invece, esiste solo la potenza dell'organizzazione, cioè quello che è rimasto ai Ds dell'eredità del Pci.


In campo con orgoglio
di Valentina Meliadò
1 febbraio 2006

Tre giornalisti preparati e puntigliosi contro un Presidente del Consiglio particolarmente di buon umore. Più che una puntata con ospite unico, quello di ieri sera a Porta a porta è stato un vero e proprio dibattito. Lo stesso Vespa più che da presentatore ha fatto da mediatore, e il risultato è stato ottimo in termini di concretezza e ampiezza degli argomenti affrontati.

La puntata si apre e si chiude sulla par condicio; Berlusconi smentisce qualsiasi polemica con il Quirinale a riguardo, asserisce di essere in forte credito rispetto alle presenze televisive degli esponenti del centrosinistra, e sgonfia il tutto citando i numeri: in quattro anni e mezzo Fassino è andato a Porta a porta trentatrè volte, Berlusconi undici; mentre, tra lo scorso settembre ed oggi, il numero delle presenze si equivale. Polemica strumentale, dunque, che il Premier accusa servire a nascondere il caso Unipol e che liquida ulteriormente con una battuta: «se gli italiani non mi vogliono vedere, c'è il telecomando». Tuttavia, a scanso di equivoci, Vespa si appresta a ricordare che tra una settimana anche il leader dell'Unione sarà ospite unico a Porta a porta.

A questo punto, dopo una precisazione sulle spese elettorali che - spiega Berlusconi - non sono state aumentate in virtù della nuova legge elettorale, ma è cambiata la grandezza delle circoscrizioni, e quindi il candidato di una grande circoscrizione potrà spendere, in proporzione, quello che spendevano prima due o tre, il Premier entra nel merito di alcune riforme: via la leva militare, via il fumo, sì all'inglese fin dalle prime classi (in vigore già dallo scorso anno), sì ai posti di lavoro in più, all'aumento della pensione per oltre un milione di persone, alla patente a punti, a tutti quei provvedimenti che non sono immediatamente percepibili dagli italiani.

E' evidente il desiderio del Presidente del Consiglio di rendere il più possibile note le cose fatte; si pente di non essere andato in televisione per i primi tre anni a spiegarle, e cita un sondaggio secondo il quale la stragrande maggioranza degli italiani non è a conoscenza dell'operato del Governo. E' un presidente orgoglioso di quanto fatto e convintissimo delle ultime sette leggi da approvare prima dello scioglimento delle Camere, quello che ascolta il servizio che le riassume: legge sulla droga, pubblica amministrazione, legittima difesa, affidamento condiviso, nuove norme antipedofilia e antipedopornografia, legge Pecorella, e limite sulle intercettazioni telefoniche.

Berlusconi vorrebbe probabilmente entrare nel merito di tutte, ma i suoi interlocutori lo riportano sulla par condicio e sulla legge elettorale, per trascinarlo sul terreno dello scontro con gli alleati, e lui non si tira indietro: la par condicio non è stata toccata per il veto posto dagli alleati, così come, per le stesse ragioni, tante riforme sono state approvate in una versione meno incisiva di quanto il Presidente del Consiglio avrebbe voluto. Riguardo la riforma elettorale il premier chiarisce di considerarla necessaria ma transitoria, in prospettiva della creazione anche in Italia di un grande partito dei moderati e di uno socialdemocratico.

A questo punto Vespa introduce i temi economici, ed anche su questo Berlusconi si sente sicuro: tra le riduzioni per le imprese e quelle per le persone fisiche più o meno l'80% degli italiani paga qualcosa in meno di tasse; il Presidente ricorda le deduzioni per i genitori a carico, le badanti, i figli e nell'ambito del discorso entra il provvedimento dell'assegno per i nuovi nati. Ne usufruiranno anche i figli degli immigrati, e tutti riceveranno una lettera firmata dal Presidente del Consiglio con le indicazioni per riscuotere l'assegno. E' davvero l'orgoglio di quanto fatto in anni di difficoltà il tratto distintivo della performance del Premier, che si scurisce in volto solo quando Vespa gli ricorda che Prodi vorrebbe addirittura una commissione di controllo per i conti pubblici; a questa provocazione Berlusconi, dopo aver ricordato quanti organi di controllo esistano già, tra cui la Commissione europea, risponde con un affondo: «quando governava la sinistra, Prodi era Presidente della Commissione e i conti se li controllava da solo».

Poi riprende il filo del programma in caso di vittoria: portare la pressione fiscale sotto il 40% grazie alla riforma costituzionale, che implica minori costi e sprechi da parte dello Stato, la modernizzazione della Pubblica Amministrazione, riguardo la quale il Premier tiene a precisare lo sforzo enorme fatto per digitalizzare l'archivio, e le grandi opere. Annuncia inoltre la diminuzione di un altro punto percentuale del cuneo fiscale entro il 2007, e torna sulla congiuntura economica difficilissima nella quale hanno operato quando gli si chiedono delucidazioni sulle difficoltà di esportazione dei prodotti italiani; al di là del cambio sfavorevole Euro/Dollaro, il punto è che le imprese italiane sono soprattutto medie e piccole, ed esportano soprattutto manufatti puntualmente contraffatti. E' un problema cui nessun governo da solo può offrire soluzioni esaustive, se non aiutare le imprese ad investire nella ricerca per i prodotti altamente tecnologici.

Quando Vespa sottolinea che la presenza unica di Berlusconi è stata determinata dal rifiuto dei Ds di incontrarlo in quanto offesi dalle accuse del Premier sul caso Unipol, il Presidente si sfoga per la quantità di insulti e di menzogne messe insieme dalla sinistra su questa vicenda come sul resto, ma non retrocede di un millimetro. Ricostruisce i fatti, non si pente di essere andato dai magistrati, conferma quanto detto e a questo punto attacca ciò che chiama il «pentagono rosso», cioè la rete di interessi che coinvolge Coop, giunte rosse, finanza rossa, magistratura rossa e Ds. Non ha paura di insistere su ciò che più suscita la reazione ironica degli interlocutori: il Presidente vede comunisti dovunque. Ci vuole coraggio per dire certe cose, ma a Berlusconi non manca e rincara; vuole riconquistare i voti persi e acquisire quelli degli indecisi puntando sulle cose fatte e sull'identità della sinistra.

Gli ultimi argomenti sono tra i più importanti: giustizia e situazione internazionale. Berlusconi dichiara di essere il personaggio più perseguitato dalla giustizia d'Occidente, ma non teme ulteriori azioni della Magistratura prima delle elezioni; accusa la Procura di Milano di insabbiare il caso Unipol e chiaramente non è contento della nomina del fondatore di Magistratura Democratica a capo di tale procura. Torna più pacato quando rivendica la bravura dei soldati italiani in missione all'estero, spera che il ricatto economico induca Hamas alla ragione, e confida in una proposta russa all'Iran per risolvere pacificamente la diatriba sul nucleare. Infine, un passaggio sul rapporto con la Chiesa; Forza Italia è per la libertà di coscienza sulle questioni morali, ma è giusto intervenire a favore delle coppie di fatto - etero e non - con contratti giuridicamente riconosciuti che garantiscano i loro diritti, ma non ledano la specificità della famiglia naturale. Solo sulla scia conclusiva della trasmissione Berlusconi si lascia andare ad una malignità: «certo che dieci anni fa D'Alema era un ragazzino» (e qui le battute tra lui e Vespa si sprecano) e chiude bollando come un cumulo di banalità le dichiarazioni di Prodi a Radio24. Le sentiremo tutte martedì prossimo.

INES TABUSSO