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"L’unico vantaggio è la deflazione nel carico di lavoro dei tribunali ma se con provvedimento di clemenza si vuole ridurre la popolazione dei detenuti si sbaglia. Con l’amnistia non ci sarebbero ripercussioni positive nella situazione carceraria...
Su una popolazione di 60.000 carcerati se ne escono dieci è un record perchè sono una minoranza irrisoria coloro che sono in carcere per reati amnistiabili. Con un’amnistia tradizionale non esce nessuno e non si accorcia il carcere per nessuno. Con l’indulto invece è diverso".




IL TEMPO
4 giugno 2006
INTERVISTA A NICCOLO' GHEDINI
di LAURA DELLA PASQUA

«HO delle perplessità sull’avvio di un’amnistia di cui sta parlando il governo nella persona del Guardasigilli Clemente Mastella. Meglio sarebbe invece l’indulto». Niccolò Ghedini, Forza Italia, avvocato di Berlusconi, storce il naso alla parola amnistia, ha dei dubbi. Cos’è che non la convince? «Sono perplesso sull’efficacia che potrebbe avere un’amnistia sulla situazione carceraria e per risolvere i problemi di sovraffollamento che caratterizzano gli istituti di pena italiani. In 40 anni di Repubblica, l’amnistia è stata concessa solo per reati fino a 3 anni con l’eccezione del 1990 quando la soglia venne portata a 4 anni. Il mio dubbio sull’impatto dell’amnistia è che questo provvedimento di clemenza interessa pene che solitamente vengono erogate nei limiti di due anni per le quali esiste la sospensione condizionale. Il che significa che non si scontano fisicamente in carcere. Anche per le pene fino a tre anni non c’è la reclusione ma l’affidamento in prova al servizio sociale». Può farmi qualche esempio di reato che rientrerebe nell’amnistia ma per il quale non c’è reclusione? «In caso di condanna per truffa a due anni e due mesi è previsto l’affidamento in prova a servizio sociale. Per omicidio colposo derivante da circolazione stradale, la pena è di circa un anno e anche in questo caso c’è la sospensione condizionale e non si sconta la pena in carcere. Il legislatore ha messo in conto che una volta nella vita di una persona potesse accadere un incidente e ha previsto che non si debba scontare la pena a condizione che non commettiamo altri reati nell’arco di 5 anni». Questo significa che l’amnistia andrebbe a incidere su reati per i quali la pena non si sconta in carcere? Quindi non ci sarebbe il vantaggio di alleggerire le carceri? «L’unico vantaggio è la deflazione nel carico di lavoro dei tribunali ma se con provvedimento di clemenza si vuole ridurre la popolazione dei detenuti si sbaglia. Con l’amnistia non ci sarebbero ripercussioni positive nella situazione carceraria. Per questo ritengo che l’amnistia abbia un senso quando ci siano anche provvedimenti strutturali nel codice di procedura penale. Un’amnistia come quella del ’90 non mi convince». Ma allora se la situazione carceraria non se ne avvantaggerebbe perchè viene aperto un dibattito che rischia anche di scatenare critiche al governo? «È un argomento con cui la politica si confronta ma senza aver chiare le ricadute vere. Sulla situazione carceraria, lo ripeto, il risultato dell’amnistia è uguale a zero. Su una popolazione di 60.000 carcerati se ne escono dieci è un record perchè sono una minoranza irrisoria coloro che sono in carcere per reati amnistiabili. Con un’amnistia tradizionale non esce nessuno e non si accorcia il carcere per nessuno. Con l’indulto invece è diverso». Secondo lei quindi è meglio l’indulto dell’amnistia? «L’indulto incide sulla situazione carceraria. Però anche sull’indulto bisogna stare attenti che non si mettano in libertà soggetti di natura pericolosa. Attenzione ai reati da escludere come rapine, reati che destano allarme sociale, di sangue, di violenza, sui minori e sulle donne, che creano grave preoccupazione alla società civile. L’indulto va fatto con grande attenzione. Le statistiche hanno dimostrato che tutte le volte che è stato concesso l’indulto c’è stata una recrudescenza dei reati. Bisognerebbe intervenire piuttosto con misure alternative alla detenzione, come gli arresti domiciliari, il lavoro all’esterno. Per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario andrebbero potenziate le misure alternative alla detenzione». Che consa intende per misure alternative al carcere? «In Italia è poco utilizzato il braccialetto elettronico che in altri Paesi viene applicato con successo. Funziona bene costa decisamente meno di quanto pesa sulla collettività mantenere un detenuto in galera. È evidente che i soggetti pericolosi vanno tenuti in carcere ma in Italia questi sono una esigua minoranza».



INES TABUSSO