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LA STAMPA
8 agosto 2006
Un sovrano double-face
di Gianni Oliva


Beneficio d’inventario sulla totale autenticità delle lettere di Vittorio Emanuele III: quando Giovanni Preziosi le pubblica, l’Italia è infiammata da una guerra civile che coinvolge tutti, stampa compresa. I giornali del Regno del Sud tuonano contro la corruzione del Ventennio, i profitti di regime, i gerarchi accapparratori: le pubblicazioni della Repubblica di Salò replicano demonizzando i traditori dell’onore e della Patria. Niente di più facile che, in un contesto del genere, le lettere di Vittorio Emanuele III possano essere state in parte manipolate, con qualche frase estrapolata e qualche aggettivo soppresso o inventato.

Al di là della necessaria prudenza, il contenuto delle lettere appare però verosimile e corrispondente alla personalità del Re. Vittorio Emanuele III si preoccupa del patrimonio personale, investe come un borghese qualunque, è attento alle fluttuazioni del mercato finanziario. Fin qui nulla di male. Ma come conciliare la speculazione sui mercati inglesi con la retorica del Regime sulla forza dell’economia italiana? Probabilmente la risposta è semplice: Vittorio Emanuele III sa che Mussolini vende illusioni e declama una grandezza nazionale che non c’è, ma la sua Corona e il Fascismo ormai coincidono e anzi il Regime è la garanzia stessa della Monarchia. Il Savoia capofamiglia diffida dei titoli nazionali, il Savoia Re vende fiducia nella Nazione e sostiene la politica velleitaria del Duce.

In queste lettere private c’è la contraddizione che ha portato l’Italia a pagare con il dramma della guerra e la dinastia Sabauda a perdere il Regno.



INES TABUSSO