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... SONAVAN LE QUIETE STANZE, E LE VIE DINTORNO, AL TUO PERPETUO CANTO...



"...Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
... porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela..."




IL SOLE 24 ORE
Int. a PANZERI ANTONIO
"MEDIASET - TELECOM SI PUO' FARE"
(CERRETELLI ADRIANA) - a pag.2

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PANZERI "Politicamente è un dalemiano di ferro. Privatamente è uno «che ha sempre uno stile pacato ma sa anche scherzare», ricordano ancora in Cgil... Nell’ambiente lo chiamano così da sempre, “il Panzer”, che tanto ama Leopardi da aver chiamato l’unica figlia Silvia"


VEDI:

RITRATTO:

LA REPUBBLICA
10 giugno 2004
Panzeri, il carrarmato che ricomincia da Strasburgo
Giuseppina Piano

Il diciassettenne che nel 1963
andò a scuola alle Frattocchie, oggi
dice che «avere come insegnanti
Pietro Ingrao e Giorgio Amendola
valeva anche sei mesi di clausura».
Altri tempi, quelli del training
nobile che il partito offriva alle
giovani promesse. In questi
trent’anni Antonio Panzeri “la
scuola” l’ha messa a frutto nel
sindacato rosso. Scalando gradino
dopo gradino il cursus honorum
fino alla poltronissima di segretario
della Camera del Lavoro di
Milano. Oggi eccolo ricominciare da dove la storia era iniziata: la politica fatta nel partito e non
nella Cgil, e si capisce che nel piano la candidatura all’Europarlamento nella lista Prodi è solo il
primo capitolo del “Panzer” parte seconda.
Nell’ambiente lo chiamano così da sempre, “il Panzer”, che tanto ama Leopardi da aver
chiamato l’unica figlia Silvia e tanto la folgorazione del tifoso da proclamarsi «interista a
prescindere». Mai soprannome fu tanto ingannevole: come abbreviazione del cognome non fa una
piega, è l’immagine teutonica ad essere totalmente sbagliata. Perchè Antonio Panzeri da Solza,
Bergamo, ha costruito la propria vita pubblica sull’esatto opposto dell’aggressività muscolare. Mai
sopra le righe. «Il Panzer? Non l’ho mai sentito urlare una volta», raccontano i vecchi del sindacato.
Lui preferisce dirla così: «Ho una difficoltà intrinseca ad arrabbiarmi».
Alla guida della Camera del Lavoro c’è arrivato da lontano, ma in tempi tutto sommato brevi. Il
giovane di Solza, provincia bergamasca, che ha nella fabbrica il proprio totem, ha solo quindici anni
quando prende la tessera del Pci. Si fa notare abbastanza se due anni dopo è alle Frattocchie. Al
ritorno deve partire militare, finisce in un reggimento di artiglieri a cavallo ma chiude subito con la
caserma. E’ uno di quelli che anche dopo gli Anni Settanta ha conservato come una reliquia il
partito dell’internazionalismo solidale. «La cosa a cui tengo di più oggi è il progetto di Belem»,
dice, ricordando i 500 bambini di strada che con i fondi raccolti a Milano sono tornati in una casa e
in una scuola. Finita la leva, il giovane bergamasco entra “in azienda”, all’Enichem. Nel frattempo a
Solza, paese di mille anime nella valle dell’Adda di cui si ricorda Bartolomeo Colleoni come
cittadino illustre, diventa giovanissimo consigliere comunale del Pci.
E nel frattempo in fabbrica, quando arriva la prima crisi pesante della chimica e all’Enichem si
soffre per un pesante piano di “riorganizzazione”, il venticinquenne Panzeri al Pci preferisce la
Cgil. Nel 1981 entra in aspettativa sindacale, e da allora in fabbrica non ci tornerà più per lavorare
ma per “trattare”. “Panzer” il pacato fa carriera. E la fa in fretta. Inizia nei chimici a Varese, diventa
il segretario regionale della categoria, poi il segretario generale del comprensorio di Busto Arsizio,
nel 1988 è a Milano e nel 1995 diventa il segretario della Camera del Lavoro. Ma continua a vivere
nella provincia bergamasca, ad eleggere la «discrezione sulla vita privata» a missione, a tifare Inter
(rito personale: non guardare mai un secondo tempo), a buttare qua e là qual che citazione da
Leopardi nelle conversazioni. Sulla scrivania si tiene una copia dei “Canti” di inizio ‘900, i
compagni della Cgil apprezzano. Dice: «Ho una vera passione per la lettura, in fatto di libri sono un
onnivoro con uno spiccato interesse per la saggistica. E amo la poesia, perché è quella cosa che
ispira la bellezza». Politicamente è un dalemiano di ferro. Privatamente è uno «che ha sempre uno
stile pacato ma sa anche scherzare», ricordano ancora in Cgil.
Di arrabbiature, quanto meno in pubblico, non se ne ricordano neppure negli otto anni in cui ha
retto la Camera del Lavoro di Milano, la più grande struttura sindacale territoriale d’Europa.
Stagione dal 1995 al 2003, finita obbligatoriamente per il raggiunto limite del doppio mandato. E
segnata, per il segretario, da una pratica fondamentale come lo scontro con il sindaco Albertini sul
“Patto per il lavoro di Milano”. La Cgil di Cofferati non lo accetta, Panzeri a Milano tiene duro e
«non firma» come rivendica oggi. Con la giunta di centrodestra il dialogo si fa difficilissimo, ma
quello che brucia di più è la divisione con Cisl e Uil che invece al Patto dicono sì. Nel 2003, quando
Panzeri lascia corso di Porta Vittoria, l’unità sindacale a Miano è stata ricucita. Ma per il giovane
delle Frattocchie si impone una scelta: cosa farà, da grande? A 49 anni, il “Panzer” ricomincia dal
partito.






LA REPUBBLICA
11 maggio 2004
Panzeri
Dopo un anno a Bruxelles per la Cgil cercherà a Milano e in Lombardia gli ottantamila voti che valgono Strasburgo
RODOLFO SALA

Svelto, il Panzeri. Ieri mattina si è presentato alla Casa della Cultura (lo slogan è una citazione cinematografica: «Vota Antonio»), poi ha inaugurato la «Tenda base» in piazza Oberdan, mentre le tre monovolume prese in affitto dalla Fiat avevano già cominciato a portare a spasso per la città il suo faccione. Oggi è già lì che gira per mercati a chiedere voti, ma anche a procacciarsi gli ospiti paganti delle cene che servono a tirare avanti fino al 12 giugno: la prima venerdì 21 al Blue Note, e sono 300 euro a cranio, mica i popolarissimi 30 dell´ultima serata milanese con Fassino, in una mensa del centro. Insomma, Pierantonio Panzeri detto Antonio è il primo eurocandidato a muoversi, e con una campagna elettorale che più personalizzata non si può. Lista Prodi, certo (quella che mette insieme Quercia, Margherita, socialisti e repubblicani di sinistra): ma solo al quindicesimo posto. E qui sta il problema. Panzeri - diessino con pedigree riformista da quando esserlo non era di moda, per otto anni leader della Camera del lavoro di Milano e dal 2003 responsabile della Cgil per le politiche europee - stavolta ha deciso e sembra fare molto sul serio. Ma deve darsi parecchio da fare per battere anche la concorrenza interna (in cima alla lista nomi del calibro di Bersani, Toia, Santoro) e agguantare quel seggio a Strasburgo che segnerebbe il debutto nella Grande Politica dopo due decenni abbondanti di inquieto apprendistato nel sindacato.
Che abbia deciso di buttarsi nella mischia, dicono i suoi detrattori, è già una notizia. Quando era il capo dei 220mila iscritti della Cgil a Milano e provincia, scalpitava di brutto, alla ricerca costante di visibilità, ma soprattutto di un ruolo marcatamente politico che lo proiettasse anche al di fuori del mestiere di sindacalista. Per dire: in quegli anni non gli dispiaceva certo farsi accreditare come il vero capo dell´opposizione, perché quella che stava in consiglio comunale o nelle segreterie dei partiti era ritenuta troppo debole e priva di guida. Così sembrava naturale pensare a lui a ogni passaggio importante per le non magnifiche sorti della sinistra milanese. Per due volte è stato candidato alla segreteria dei Ds, l´ultima quasi tre anni fa, quando in zona Cesarini scelse di rimanere in corso di Porta Vittoria per continuare da lì, dall´organizzazione territoriale più importante della Cgil, a distinguersi dall´«estremista» Sergio Cofferati. Ma a lui si pensò anche come candidato sindaco, e qualche chiacchiera si fece pure quando si cominciò a porre il problema di chi avrebbe dovuto sfidare Ombretta Colli alle Provinciali.
Panzeri ci sguazzava, in questo mare. Ma poi restava dov´era: e amici e avversari a chiamarlo «signor Tentenna». Solo l´anno scorso, scaduti i due mandati canonici, se ne andò dal ponte di comando della Camera del lavoro. Non si trasferì al partito, come molti si auguravano e molti temevano. Ma a Bruxelles, dove Guglielmo Epifani lo mandò a rappresentare la Cgil in Europa. Tutti capirono che quello era il primo passo verso il Parlamento di Strasburgo. Facile dirlo: per arrivarci, gli servono almeno ottantamila voti di preferenza, come hanno già calcolato quelli del suo staff (dove abbondano i fedelissimi ancora in servizio in coso di Porta Vittoria). Ottantamila, e tutti da raccattare in Lombardia, dal momento che nelle altre tre regioni di questa immensa circoscrizione elettorale Panzeri lo conoscono solo gli addetti ai lavori.
Ottantamila sono tantissimi, e allora ventre a terra: subito. Prima mossa, rinnovare il duello con Albertini, che Panzeri si ritrova volentieri avversario anche in questa campagna elettorale: «Il sindaco dice che candidandosi vuole portare Milano in Europa, ma questa è un´autodenuncia del suo fallimento; in sette anni, c´è da chiedersi che cosa abbia fatto finora». Poi un ricco battage promozionale. Manifesti a raffica, il suo personale e altri otto: otto «persone vere, in carne e ossa», dall´operaio all´avvocato, dalla pensionata alla casalinga, dal contadino allo studente (c´è anche il sindaco del paesino Natale in provincia di Bergamo) che ci mettono la faccia e il nome per dire «io lo voto, vota Antonio». E il tour per l´intera Lombardia, con le Fiat «addobbate»: domani a Brescia con Cofferati (nella Cgil stavano su fronti opposti, adesso sono entrambi candidati alle elezioni e fanno squadra), il 25 a Cremona con Walter Veltroni (e fa niente se Panzeri è un dalemiano di ferro), il 5 giugno con il capolista Pierluigi Bersani a Bergamo...
La sede del comitato elettorale è al 18 di via Fontana, guarda caso dietro la Camera del lavoro. È lì che sgobba per dieci ore al giorno un piccolo esercito di 50 volontari (l´ultima è una studentessa che ha scelto Panzeri per redigere una tesi di laurea sulle elezioni e che poi ha deciso di dargli una mano): curano la posta elettronica, spediscono i «santini», organizzano gli incontri del candidato, programmano iniziative da un capo all´altro della Lombardia. Calusco d´Adda, il paese della Bergamasca dove Panzeri vive con moglie e figlia, fino al 12 giugno non esiste quasi più. La normalità è vietata, sotto elezioni. Niente camminate nei boschi, niente bicicletta, un arrivederci anche all´amatissimo Leopardi (non per niente la figlia, ventenne, si chiama Silvia). Adesso non c´è tempo: c´è solo da nuotare controcorrente, fino a Strasburgo.



INES TABUSSO