The Iron Throne Il Forum per gli appassionati della mitica saga, "Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco", di George R. R. Martin

3° gara di scrittura

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    Maestro Aemon
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    Vecchio Pozzo di Saggezza
    00 20/12/2010 19:51
    Come promesso visto che sta per iniziare la pausa natalizia do il via alla nuova gara di scrittura. Le regole sono sempre le stesse, ma un ripassino non fa mai male.

    1) Si può scegliere se concorrere o con normale racconto, rigorosamente frutto della propria immaginazione, quindi originale anche nell'idea, o con una poesia, che avrà una sua categoria a parte.
    Per i più vogliosi, è possibile concorrere in entrambe le categorie.

    2) E' vietato ispirarsi a personaggi,trame o ambientazioni di qualsiasi genere di provenienza di qualsivoglia scrittore,film,fumetto o quant'altro. Se pesco qualcuno,la pena è la squalifica. Verrà comunque votato e valutato, ma non potrà vincere la gara.

    3) Si ha tempo per la pubblicazione a partire da questa sera fino a Domenica 9 GENNAIO 2011.

    3) La valutazione dei lavori pubblicati può essere fatta da tutti gli utenti del forum, compresi i partecipanti alla gara, che ovviamente non possono però autovotarsi. Non ci sono criteri specifici, ognuno è libero di esprimere il proprio giudizio come meglio crede, l'unica regola fissa è che ci deve essere un voto finale al lavoro analizzato, di un valore compreso tra l'1 e il 10. Sono ammessi anche i mezzi voti.

    4) La lunghezza massima consentita dei racconti è di 5 pagine di word(riga più riga meno,ma non esagerate), di modo da accontentare chi scrive un pò di più. Per la poesia invece 1 pagina di word.

    6) E' possibile, al fine di migliorare il proprio racconto, eseguire lavori in COPPIA. In tal caso, si deve naturalmente segnalare entrambi gli autori, e non è possibile per i due autori pubblicare ulteriori lavori nell'ambito della gara singolarmente.


    Queste sono le regole.

    E adesso, a voi...talenti letterari,divertitevi!

    [Modificato da Maestro Aemon 20/12/2010 19:51]





    Lord Jon Umber di Ultimo focolare
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    Lord Petyr
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    Maestro di Intrighi e di Inganni
    00 20/12/2010 20:53
    Io ci sto!

    D'altronde devo cercare la riconferma...tremate, gente, il Genio la spunterà anche stavolta!


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    Faccia da cavallo
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    00 20/12/2010 20:55
    Eccomi.


    NEL GIOCO DEL TRONO:
    Lord ROBERT BARATHEON




    CRONOLOGIA PG:
    - Nella seconda partita: Styr un Uomo Libero!!!
    - Nella terza partita: Re Jon Arryn, Signore del Nido dell'Aquila,Protettore della Valle e dell'Est. Primo cavaliere, Protettore delle terre della tempesta e signore di Capo Tempesta,Sangue dei Re delle Montagne.
    - Nella quarta partita: Tywin Lannister, morto nelle sale del dio Abissale, ultimo Re sul Trono di Spade. Distruttore del mondo.
    - Nella quinta partita: Tormund "Orso Bianco" Re Oltre e sopra la Barriera, Gran Maestro Guaritore, uomo libero
    - Nella sesta partita: Quellon Greyjoy Sommo Sacerdote,Lord Mietitore delle isole di Ferro, Principe di Lancia del sole, signore di Castel Granito, protettore del Mare(ex protettorato di Dorne) e dell'Occidente


    CITAZIONI
    "Sono stata Arya di casa Stark, Arya Piededolce, Arya Faccia da cavallo.Sono stata Arry e la Donnola, Squab e Salty, Nan la coppiera, un topo grigio, una pecora, il fantasma di Harrenhal...cat, la gatta...nessuno!"
    "Quando cade la neve e soffiano venti ghiacciati, il lupo solitario muore, ma il branco sopravvive"
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    Ser Ginny Tyrell
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    Lord Feudatario
    00 21/12/2010 14:48
    Proverò a partecipare ancora!
    [Modificato da Ser Ginny Tyrell 21/12/2010 14:48]

    Ser Deziel Dalt, lama al servizio del Principe di Dorne.



    Nella terza partita:
    Lady Margaery Stark, prima Meastro delle Leggi nel Concilio Ristretto dell'Imperatore Hoster Tully I, poi Principessa del Nord, Rosa di Grande Inverno.

    Nella quarta partita:
    Ben Plumm, Comandante dei Secondi Figli, compagnia mercenaria in un primo tempo a servizio della reale casata Targaryen, in un secondo tempo a difesa della Barriera e dei Sette Regni tutti.
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    fantasia 16
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    00 21/12/2010 18:11
    Questa volta spero di arrivare almeno terza...speriamo in bene...mi impegnerò moltissimo, quindi siate clementi...





    ----------------------------------------------------

    Syrio: "Cosa diciamo noi al Dio della morte?"
    Arya: "Non oggi"

    In questa partita: Arya Stark, terza figlia di Lord Eddard Stark, Protettore del Nord dei Sette Regni e Signore di Grande Inverno.


    --------------------------------------------------
    Nella 2° partita: Ser Garlan Tyrell

    --------------------------------------------------

    Conserva l'amore nel tuo cuore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole dove i fiori sono morti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e ricchezza alla vita che nient'altro può portare.
    Oscar Wilde
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    Lord Charles Tyrell
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    Condottiero di Eserciti
    00 21/12/2010 19:25
    Consideratemi dei vostri!
    La penna d'oro sara mia, Muahahaha!


    Lord Ormund Yronwood, Signore di Yronwood e Protettore della Strada della Pietra, il Sangue Reale


    Nella IV partita:
    lord Lyn Corbray, Signore di Gull Town e Lord Alfiere della Valle, portatore della Signora Sconsolata

    Nella III partita:
    Willas Tyrell, figlio ed erede di Lord Mace Tyrell



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    Maestro Aemon
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    Vecchio Pozzo di Saggezza
    00 21/12/2010 22:02
    Io ovviamente ci sono anche se non so se riuscirò a scrivere qualcosa di nuovo o se rispolvererò qualcosa dal cassetto!





    Lord Jon Umber di Ultimo focolare
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    Lord Charles Tyrell
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    Condottiero di Eserciti
    00 22/12/2010 19:11
    Volevo sapere scegliere un'ambientazione storica e utilizzare personaggi storici di contorno viola la regola 2?


    Lord Ormund Yronwood, Signore di Yronwood e Protettore della Strada della Pietra, il Sangue Reale


    Nella IV partita:
    lord Lyn Corbray, Signore di Gull Town e Lord Alfiere della Valle, portatore della Signora Sconsolata

    Nella III partita:
    Willas Tyrell, figlio ed erede di Lord Mace Tyrell



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    Faccia da cavallo
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    Campione del Regno
    00 22/12/2010 19:40
    A dire la verità ho anche io un'idea che credo mi lasci sul filo dell'eliminazione con il punto 2.
    Comunque tratto dal regolamento della prima gara:

    Lord Petyr, 21/05/2009 22.53:

    Come dissi quando proposi all'inizio la sfida di scrittura, il tema deve essere assolutamente originale.
    Per questo, personaggi storici e le loro gesta e vicende rientrano all'interno del punto 2, e quindi soggetti a squalifica.
    Qusto naturalmente non vieta, per chi vuole, lo sviluppo magari di un breve racconto storico ambientato in un determinato ambiente e sfondo storico.

    Per fare un esempio: non è possibile fare un racconto su napoleone, ma potete magari farne uno che ha per protagonista un soldato francese dell'epoca, senza però coinvolgerlo negli avvenimenti storici di quel periodo.Usate insomma periodo e grandi personaggi storici come sfondo alla storia, ma non come parti attive del racconto.

    Spero di essere stato chiaro.

    Comunque,per tutte le domande, invito tutti a scriverle nella voce "SFIDA A COLPI DI INCHIOSTRO", in modo da non faer confusione tra dove pubblicare e dove discutere di questa gara.


    [Modificato da Faccia da cavallo 22/12/2010 19:43]


    NEL GIOCO DEL TRONO:
    Lord ROBERT BARATHEON




    CRONOLOGIA PG:
    - Nella seconda partita: Styr un Uomo Libero!!!
    - Nella terza partita: Re Jon Arryn, Signore del Nido dell'Aquila,Protettore della Valle e dell'Est. Primo cavaliere, Protettore delle terre della tempesta e signore di Capo Tempesta,Sangue dei Re delle Montagne.
    - Nella quarta partita: Tywin Lannister, morto nelle sale del dio Abissale, ultimo Re sul Trono di Spade. Distruttore del mondo.
    - Nella quinta partita: Tormund "Orso Bianco" Re Oltre e sopra la Barriera, Gran Maestro Guaritore, uomo libero
    - Nella sesta partita: Quellon Greyjoy Sommo Sacerdote,Lord Mietitore delle isole di Ferro, Principe di Lancia del sole, signore di Castel Granito, protettore del Mare(ex protettorato di Dorne) e dell'Occidente


    CITAZIONI
    "Sono stata Arya di casa Stark, Arya Piededolce, Arya Faccia da cavallo.Sono stata Arry e la Donnola, Squab e Salty, Nan la coppiera, un topo grigio, una pecora, il fantasma di Harrenhal...cat, la gatta...nessuno!"
    "Quando cade la neve e soffiano venti ghiacciati, il lupo solitario muore, ma il branco sopravvive"
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    Maestro Aemon
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    Vecchio Pozzo di Saggezza
    00 22/12/2010 21:03
    Quoto in pieno quello che ha inserito Yuri sul regolamento della prima gara.
    Tenete buono quello come integrazione al punto 2.





    Lord Jon Umber di Ultimo focolare
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    Lord Charles Tyrell
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    Condottiero di Eserciti
    00 22/12/2010 22:57
    Grazie mille!


    Lord Ormund Yronwood, Signore di Yronwood e Protettore della Strada della Pietra, il Sangue Reale


    Nella IV partita:
    lord Lyn Corbray, Signore di Gull Town e Lord Alfiere della Valle, portatore della Signora Sconsolata

    Nella III partita:
    Willas Tyrell, figlio ed erede di Lord Mace Tyrell



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    Asha regina di ferro
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    Affascinante Filibustiera
    00 23/12/2010 19:13
    Io lascio perdere perchè sto attraversando un periodo che il walder frey della scorsa partita mi fa un baffo, sarà per la prossima






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    fantasia 16
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    00 27/12/2010 19:38
    Tu segli il tuo destino.
    o no, sono la prima, va bhè non importa. Spero che vi piaccia perchè ci ho messo tutta mè stessa imn questo piccolo branetto... grazie e buona lettura




    Tu segli il tuo destino

    Quella mattina di Aprile faceva freddo, molto più del solito e una lieve folata di vento mi svegliò appena mi ebbe sfiorato il naso. Lentamente aprii gli occhi e a pochi centimetri dal volto vidi il piede sinistro di mio fratello minore. Quello era davvero un bel augurio per il mio sedicesimo compleanno. Velocemente mi posi seduta sulla branda di paglia e fieno su cui dormivo con i miei cinque fratelli, mi stropicciai gli occhi e, una volta alzata, presi un sottile scialle che mi girai intorno alle spalle. Cercando di non farmi sentire uscii dalla piccola porticina di legno. Il vento freddo si appoggiava sulla pelle scoperta dal vestito bianco leggero e dallo scialle che copriva solo leggermente le spalle e metà dell’avambraccio, scompigliandomi leggermente i lunghissimi capelli rossi: mi faceva sentire viva. Mi misi in ginocchio e guardai la rugiada che si era poggiata su alcuni fili di erba: gocce trasparenti scivolavano leggere sopra la superficie liscia di quei sottilissimi fili delle colorazioni del verde. Ero felice di poter vedere questo spettacolo ogni mattina; ero contenta di poter vedere quanto il mondo fosse meraviglioso.
    << Fiammetta ! >> Riconobbi subito la voce rauca che mi stava chiamando, mi voltai lentamente, sperando di sbagliarmi : mio padre stava sull’uscio della porta con le braccia incrociate davanti al petto. La sua pancia era talmente grande che pensavo sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro e il doppio mento che si trovava sotto il suo collo lo faceva sembrare ancora più grasso.
    << Padre, ditemi, posso fare qualcosa per voi ? >> Chiesi con una sottile vena ironica nella voce.
    << Cosa fai qui fuori ? >> Domandò con tono irritato.
    << Sto guardando la rugiada, volete unirvi a me ? >> Gli sorrisi quadrangolo di traverso.
    << Come ti permetti di trattarmi così >> Mi prese il braccio sinistro all’altezza del gomito e me lo alzò facendomi alzare bruscamente. Mi trascinò in casa e indicandomi una cesta di vestiti mi ordinò di andare a lavarli dopo essermi vestita decentemente.
    Odiavo quell’uomo, lo odiavo con tutta me stessa; spesso mi chiedevo come aveva fatto la mamma a sposarsi con un uomo come quello.
    Presi la cesta e andai verso il fiume per obbedire agli ordini del mio “padrone”. Non volevo obbedire a tutti quegli ordini senza oppormi, ma cosa avrei potuto fere ? Lui, nonostante tutto era mio padre ed ero costretta a rispettarlo…
    Arrivata al fiume sentii un forte odore di alcol provenire da uno degli alberi lì vicini, lentamente mi avvicinai e notai che Carlo, il mio promesso sposo, dormiva beatamente con accanto a lui almeno quattro giare di vino vuote. “Che orrore”pensai tra me e me allontanandomi cercando di non fare troppo rumore per svegliarlo. Velocemente rovesciai la cesta direttamente nell’acqua per fare più veloce, non volevo rimanere sola in mezzo al bosco con un maiale come quello. Purtroppo però la cesta ricadde pesantemente sull’erba bagnata e il rumore che provocò svegliò il ragazzo.
    << Chi è la ? >> Chiese ancora con la bocca impastata per l’eccessivo consumo di Vino che aveva bevuto. Raccolsi tutto in fretta e cercai di allontanarmi il più che potevo: sapevo che mi avrebbe vista ma preferivo scappare via che rimanere ferma ad aspettare che si riaddormentasse.
    << Fiammetta…dove vai…aspettami >> Continuava a ripetermi mentre attraversavamo la piccola via principale della città. Non mi sarei fermata neanche se mi avesse pagato 500 fiorini. Mi faceva schifo anche solo vederlo e sentire pronunciare il mio nome da quella disgustosa e blasfema bocca di contadino. Fu proprio in quel momento che mi cadde dalla cesta un fazzoletto di mio padre, dovetti raccoglierlo,poiché se lo avessi perso mi sarei dovuta aspettare una decina di bastonate sui piedi da parte del mio caro genitore, e questo gli diede modo di raggiungermi. Mi prese per la mano sinistra e mi attirò a se; cercò di baciarmi prima sul collo, poi sulla fronte e in fine sulla bocca, ma l’unica cosa che ricevette fu uno schiaffo in faccia e un calcio nei genitali. Lentamente si accasciò al suolo davanti a me.
    << Se ci tieni alla tua virilità ti consiglio di non provarci più, è chiaro ? >> Gli gridai mentre raccoglievo la cesta che mi aveva fatto cadere. L’accoglienza, arrivata a casa, non fu proprio delle migliori, urla, botte e imprecazioni da parte di una della due persone che mi avrebbe dovuto volere più bene al mondo. Una frase, solo una frase fu in grado di scalfire la mia corazza creata dopo anni interi di sopportazione, detta proprio dal primo uomo della mia vita:
    << Sedici anni fa avrei dovuto annegarti nel fiume, così adesso non mi avresti dato più fastidi >>. Non volevo più stare lì, avevo sopportato troppo, e temevo che se non fossi scappata veramente avrei finito per cedere alle pretese di un padre-padrone e di un fidanzato ubriacone e scialacquone. Quella sera mi stesi nella piccola branda che dividevo con i miei fratelli col volto pieno di lacrime. Non sarei rimasta un giorno solo in più in quello schifo di villaggio, sarei andata lontano, dove non esiste la crudeltà e la cattiveria è soltanto un fantasma, silenzioso e muto. Lo giuro, sulla mia anima, su tutte le stelle che ci sono nel cielo, io vado via da qui.
    Quando decisi di partire per il mio viaggio verso un luogo migliore il tempo non sembrava essermi favorevole, visto che pioveva a dirotto,ma questo non mi avrebbe fermata. Mi alzai, cercando di fare il meno rumore possibile, e presi il piccolo mantello di stoffa e cuoio che la mamma mi aveva regalato per il mio compleanno, l’unico regalo che mi fosse mai stato dato col cuore, lo sistemai intorno alla testa per evitare di bagnarla troppo. Stavo per uscire definitivamente quando mi accorsi che avrei lascito in quella casa alcuni miei vestiti, non volevo che succedesse, in questa casa devo sparire del tutto, sarà come se non fossi mai esistita, proprio come voleva mio padre. Velocemente presi un piccolo lenzuolo grigio e raccolsi tutte le mie cose, rubando tutti i soldi che papà teneva nascosti dentro alla sua bisaccia. Addio mamma, addio fratelli miei, vi auguro di vivere felici e di realizzare i vostri sogni, nonostante tutti gli intoppi della vostra vita, e a te, vecchi maiale avido di denaro e fama, ti auguro tutto il male che esiste e, soprattutto, di morire soffocato nel tuo stesso sangue. Non avevo mai lanciato a nessuno delle maledizioni, ma per lui avrei fatto sicuramente un’eccezione. Aprii la porta e uscii da quella vecchia casa per sempre.

    La pioggia batteva forte sopra la mia testa e mi faceva sentire una strana sensazione di soggezione, come se qualcuno mi stesse osservando e fosse pronto a corrermi incontro per riportarmi a casa. Non lo avrei permesso, neanche fossero stati cinque uomini con dei bastoni chiodati in mano, volevo andare via e nessuno me lo avrebbe mai più impedito. Arrivata dentro il bosco rallentai la mia camminata. Avevo paura che nella boscaglia ci fossero delle persone del villaggio, o peggio che ci fosse Carlo pronto a saltarmi addosso e a farmi sua in mezzo alla terra bagnata. Un dubbio tremendo mi assalì: effettivamente se lui ci fosse stato io non mi sarei potuta difendere questa volta, sarei caduta vittima della voluttà e non mi sarei potuta opporre. La paura si fece strada in me, come una misteriosa malattia che prende prima i piedi poi le mani e la testa. Un fruscio tra i cespugli vicini a me mi fece scattare avanti senza che me ne resi conto. Correvo, correvo talmente tanto forte che la pioggia che mi bagnava il volto sembravano piccole lame che mi fendevano il volto. Volevo gridare aiuto, chiedere di essere salvata, ma se lo avessi fatto tutto sarebbe andato perso; mi avrebbero salvata, ma avrei perso del tutto la mia libertà. Stavo lottando per riuscire a scegliere io stessa del mio destino, non potevo permettere loro di vincere, non glielo avrei mai permesso.
    La foresta sembrava non finire mai e incominciai a sentire uno stano dolore al fianco, lo stesso dolore che provi quando corri su per una salita molto ripida. Dovevo riposare. Intravidi una grotta dalla grande apertura proprio vicino a una grande quercia. Corsi in quella direzione e vi ci entrai senza preoccuparmi troppo di quello che vi fosse al suo interno. Era buia, talmente buia che non riuscivo neppure a vedere le mia mani che si trovavano a circa trenta centimetri dal mio viso. D’improvviso, dal fondo della caverna,una luce fioca mi illuminò. Mi chiesi cosa stesse succedendo, cosa o chi avesse acceso quel fuoco in mezzo a una grotta immersa in una foresta. Cercai con le mai un’arma e l’unica cosa che trovai fu solo un vecchio bastone oramai marcio. Bhè come arma non vale molto, ma questa è tutta scena, pensai tra me e me cercando il modo migliore per impugnarlo. Mi avvicinai lentamente alla fonte di quella luce, sperando con tutto il cuore che non si trattasse di nessuno del villaggio. Mi affacciai e vidi un uomo di circa trent’anni seduto davanti a un piccolo fuocherello che accarezzava dolcemente il muso di un animale quadrupede, probabilmente un cavallo o un asino. Ero perplessa: non avevo mai visto un uomo trattare con così tanta gentilezza un animale: lo accarezzava, gli dava da mangiare e poi lo accarezzava ancora. Mi diede l’idea di una persona davvero buona e gentile, una persona a cui stava a cuore la salute degli altri, una persona vera. Mi feci vedere, nascondendo il bastone dietro la schiena.
    << Scusi, non è che posso stare qui, fuori piove e, non sono molto brava ad accendere i fuochi >> Dissi scoprendomi il capo dal cappuccio che stavo ancora portando in testa. L’uomo si alzò di scatto estraendo una spada luccicante da un fodero di cuoio lavorato con decorazioni geometriche. I suoi occhi ora, neri come la pece, mi fissavano incuriositi. C’era dentro di loro una strana luce che non riuscì a capire se si trattasse di interesse o disprezzo. La sua espressione passò da contratta e arrabbiata a rilassata e felice in pochi secondi
    << Certo che potete restare, anzi, scusatemi se sono stato così maleducato da non presentarmi >> Mi disse avvicinandosi a me, prendendomi la mano libera dal bastone e baciandola.<< Io sono Gregorio de Fasulla, mercante e ricco imprenditore, piacere di fare la vostra conoscenza, miss… >>
    << Fiammetta, mi chiamo Fiammetta >> Dissi velocemente.
    << Oh, quale soave nome, immagino, dunque, che il vostro carattere sarà indocile e coraggioso, proprio come la fiamma del fuoco >> Mi chiese con parole molto più forbite di quanto mi aspettassi in questa parte del mondo.
    << Bhè possiamo dire che sono abbastanza ribelle e indomabile… infatti sto scappando di casa >> Gli dissi orgogliosa di quello che stavo facendo.
    << Oh, quindi avete intenzione di non tornare mai più a casa ? Bhe sapete, io sto tornando alla mia umile dimora, sono ormai tre lune che vago alla ricerca di uno dei materiali più preziosi del mercantilismo. >>
    << E, sentiamo, quale sarebbe questo materiale ? >> Chiesi incuriosita dalle parole dell’uomo.
    << Oh, giovane pulzella, non posso riferirmi questa mia informazione, altrimenti non sarebbe più il materiale più prezioso e soprattutto RARO >> Rise di gusto, anche se io non ci trovavo nulla di divertente in quella battuta.
    << Ascoltate, o mia giovane amica, non vi andrebbe di venire con me nella mia città natale ? Come grande città, fulcro della cultura, penso che una ragazza bella come voi non avrà alcun problema ad adattarsi, non trovate ? >> Mi chiese invitandomi a sedere, ma io preferii rimanere in piedi.
    << Io… per esperienza personale ho imparato a non fidarmi troppo delle persone, scusatemi >> Dissi stringendo sempre più forte il bastone alle mie spalle. Non volevo sembrare maleducata a altro a un borghese, ma non volevo neanche gettarmi nelle braccia di uno sconosciuto; passare da un inferno a un altro inferno, non mi sembrava proprio il caso.
    << Come desiderate. Potete almeno accompagnarmi, poi voi andrete per la vostra stra da e io per la mia, cosa ne dite ? >> Cime mai stava insistendo così tanto ? Mi sembrava strano, ma non volevo mica perdere la possibilità di allontanarmi da quel villaggio di bestie e animali.
    << Bhe magari soltanto fino alla città >> Dissi lasciando cadere il bastone alle mie spalle. Non fece alcun rumore e quindi il mio interlocutore non se ne accorse minimamente.

    La mattina dopo la pioggia si era attenuata e riuscimmo così a iniziare il nostro viaggio. La terra sotto i nostri piedi si era trasformata in un miscuglio di fango, terriccio e muschio, e il mio vestito mi impediva di muovermi come volevo. Mi sentivo davvero a disagio, ma cercai di non farglielo capire: era stato gentile con me, non volevo mostrarmi come una ragazza che si lamenta sempre…Ma sapevo bene che se ne era accorto. Arrivati alla fine del bosco si girò verso di me e mi prese in braccio.
    << Mettetemi giù, so camminare bene anche da sola…lasciatemi >> Dissi mentre il mercante mi faceva sedere sulla schiena del suo asino. Avvampai: nessuno mi aveva mai trattato con un minimo di riguardo, e anche quel minimo gesto di cortesia mi fece sentire importante, anche se per poco tempo.
    << Bhe grazie, ma sono in grado di camminare anche da sola. Non ho bisogno di essere trasportata.>> Dissi incrociando i piedi pieni di fango e abbassando il volto per non mostrare il mio imbarazzo.
    << Le giovani fanciulle devono essere trattate con riguardo, quindi voi vi fate il viaggio sul dorso del mio “scudiero”. Ero davvero contenta di quel trattamento, perché mi sentivo davvero una nobildonna, anche se non la ero.
    La giornata trascorse serena e rilassata, per quanto era possibile: io non conoscevo quest’uomo che era gentile, lui non conosceva me e nell’aria si percepiva una leggera punta di tensione, anche se era solo accennata. Parlammo di tutto: della mia famiglia, di mio padre, di Carlo del mio villaggio. Soltano alla fine del nostro discorso i accorsi che l’unica dei due che aveva parlato ero stata proprio io.
    << Eccoci giunti nella mia umile città natale : Firenze >> Sentenziò l’uomo. Davanti a me si apriva una meravigliosa città piena di vita e di musica. Avevo sentito parlare di questa metropoli, centro di cultura e di innovazioni, avevo sempre voluto visitarla e magari stabilir mici, ma il mio villaggio era troppo distante e in più mio padre mi non mi avrebbe lasciata uscire di casa.
    A ogni angolo delle strade c’erano profumerie, da cui provenivano dei freschi aromi delicati, panetterie, il cui odore di pane si sentiva da lontano, assolutamente diverso da quelle sottospecie di pagnotte che creava mio padre, e sartorie, la cui bravura era rinomata in tutto il paese.
    << Bene, adesso vi devo proprio lasciare, vi ringrazio di avermi accompagnata fino qui. >> Dissi facendo segno con la mano di farmi scendere. Ma la mia richiesta venne rifiutata e anzi il mio “cavaliere” mi condusse in una parte meno florida della città il cui ambiente non era per nulla confortevole.
    Ma dove stavamo andando? Cosa aveva capito questo tipo? Scesi dall’asino con un salto leggero, e vedendo che lui si era accorto del mio gesto iniziai a correre per le vie di una città a me sconosciuta, mentre sapevo che il mercante mi avrebbe inseguita. Correvi talmente tanto forte che mi stava mancando il fiato e non mi sentivo più le gambe; avrei voluto fermarmi, riposarmi un minuto, ma non potevo perché sentivo la sua presenza alle mie spalle sempre più vicina. Avrei gridato, avrei chiesto aiuto se questo avesse potuto salvarmi, ma sapevo dentro di me che questo sarebbe stato inutile. Arrivai in una piazza molto affollata e mi sentii sollevata: sicuramente qui non mi avrebbe presa. Ripresi fiato e iniziai a camminare normalmente: osservai ogni singolo dettaglio dell’architettura della città, ogni merlo e ogni decorazione floreale. Era una città davvero meravigliosa. Mentre ammiravo la grandezza e la magnificenza della chiesa di Santa Maria del Fiore, sentii alle mie spalle due mani grandi e possenti sollevarmi da terra e trasportarmi in una via secondaria, stretta e silenziosa. Urlai, stà volta, nelle speranza che qualcuno mi aiutasse, ma nessuno sembrò curarsi delle mie urla disperate. Picchiai il mio assalitore con pugni e calci, ma neanche questo mi permise di liberarmi. Era immaginabile cosa sarebbe accaduto: quel “ gorilla” mi avrebbe riportata dal mercante da cui ero fuggita. Non passò molto tempo che da uno degli angoli delle strette vie sbucasse proprio la sua faccia, con un sprezzante sorriso stampato in volto: probabilmente lo divertivo.
    << Fiammetta, Fiammetta, ti ricordi cosa ti dissi nella grotta la scorsa notte ? >> Mi chiese facendo segno al suo inserviente di farmi entrare in una vecchia casa fatiscente. Non risposi: ero troppo arrabbiata con lui.
    << No? Allora te lo dico io : ti dissi che io ero un mercante della merce più preziosa del mondo, perché era bellissima e RARA. >> Ci fermammo tutti e tre davanti a una tenda rossa di velluto da cui provenivano delle voci femminili, anche se non capivo bene se fossero allegre o meno.
    << Bhè, cara la mia passionale ragazza, quel material… sei tu >> Spalancò la tenda e all’interno di una stanza ricolma di cuscini e coperte colorate, c’erano ragazze di ogni etnia incatenate mani e piedi, Erano tutte vestite con indumenti molto scoperti che ne mettevano in risalto le sagome del corpo. Mi venne un colpo al cuore. Iniziai a dimenarmi come una matta, cercando di liberarmi dalle mani di quell’uomo, ma fu proprio il mio agitarmi che gli consentì di legarmi mani e piedi con una catena quasi arrugginita.
    << Fatele indossare un vestito adatto; lei sarà la nostra nuova gemma >> Disse ai suoi scagnozzi guardandomi dall’alto al basso.
    << Lasciatemi >> Continuai a gridare mentre si avvicinavano a me altri due uomini. Fu in quel momento che sentii un forte dolore alla testa e vidi tutto buoi: avevo perso i sensi.

    Quando mi svegliai avevo un fortissimo dolore alla testa. Alzai la mano sinistra per toccare il punto dolente, ma sentii una specie di punta: avevo un diadema in testa ? Mi misi seduta in ginocchio sopra una piccola pila di cuscini e coperte: indossavo un leggerissimo vestito di seta azzurra trasparente sotto alla quale si intravedevano dei nastri di tessuto più scuro che mi coprivano la pelle dal seno fino a metà cosce. Le braccia erano coperte da maniche di tessuto trasparente, dello stesso colore del vestito. Alle caviglie portavo dei bracciali con appesi dei piccoli sonagli, che emettevano dei piccoli suoni ogni volta che mi muovevo. Ai polsi c’erano dei bracciali di catene arrugginite, che mi impedivano di alzarmi dal mio “giaciglio”, in più davano al mio abbigliamento un’aria molto… schiavile. Si, ero diventata una schiava, una povera ragazza sfruttata da gente senza scrupoli. Mi chiesi perché ero fuggita da casa per finire in un postaccio del genere; se per avere la mia libertà dovevo resistere a questo, preferivo rimanere chiusa nella gabbia costruita da mio parde. Avrei voluto tornare indietro nel tempo, non fidarmi di quell’uomo che mi prometteva una vita diversa. Una lacrima solitaria mi scese dalla guancia; non avevo vergogna a fare vedere che ero disperata, perché sapevo che ogni ragazza in quella stanza era nella mia stessa situazione. Presi uno dei cuscini vicino a me e lo porti al petto, come se volessi creare una specie di scudo dal mondo esterno. Non passò molto tempo che nella stanza ritornasse quell’uomo spregevole seguito da un vecchio uomo grasso, vestito con abiti eleganti, ma estremamente appariscenti.
    << Bene, Conte, queste sono le ragazze migliori che ho trovato, solo il meglio per voi. Decidete quella che vi piace di più >> Brutto ipocrita, bastardo.
    << Bhè devo ammettere che quella megrettà là nell’angolo attira molto la mia attenzione >> Indicò una giovane ragazza di circa quindici anni incatenata per il collo alla parete opposta alla mia. Due delle sue guardie la presero per le braccia e la trascinarono via per i capelli. Le sue urla mi facevano sentire tutta la sua angoscia e la sua paura, tremavo e speravo che non scegliessero me. I suoi occhi si spostarono veloci in tutta la stanza, fino a che disse:
    << Bhè sai, amico, credo che mi prenderò anche la rossa qui nell’angolo. >> Sapevo che si stava riferendo a me e pregai con tutto il cuore che non fosse vero, ma ciò era la realtà. Sentii la guardie prendermi per le braccia e trascinarmi via contro la mia volontà. Impuntai i piedi e feci di tutto per non andare con quell’uomo, ma io ero solo una ragazza, cosa avrei potuto fare ? Neanche qualche minuto e mi trovai nella carrozza di quell’uomo: era completamente buia, visto che alle finestre erano state aggiunte delle tendine nere. Sentii che nella carrozza c’era anche quella poverina che era stata scelta per prima: mi avvicinai e la strinsi, perché sentisse che non era sola. La carrozza partii e contavamo i minuti che ci distanziavano da quel tragico momento in cui non saremmo più state ragazze, ma donne con la forza.
    Appena le porte si aprirono venni presa per il braccio e trascinata a terra, da un giovane ragazzo che non doveva avere più di vent’anni. L’ultima cosa che vidi prima che il buio mi circondasse, furono i suoi occhi: erano soddisfatti e compiaciuti di tutto il male che stava succedendo. Non sapevo dove stavo andando, ma sapevo che non era un bel posto e speravo che il viaggio durasse molto a lungo, ma non tutti i desideri si realizzano purtroppo. Il cappuccio che indossavo mi venne tolto soltanto quando mi trovai nella stanza da letto di quel vecchio maiale. La stanza era interamente dipinta di rosso ed era piena di arazzi raffiguranti scene di caccia, e al centro c’era un letto a baldacchino. Volevo scappare, andare via, ma le porte erano state chiuse tutte a chiave dall’esterno e non c’era via d’uscita.
    << Allora ragazzina, facciamo in fretta che stà sera devo lavorarmene due di ragazze. >> La sua voce era molto diversa da quella che avevo sentito prima: era fredda, distaccata e…crudele. Non feci neanche in tempo a girarmi che quell’uomo di prese per il collo e mi scaraventò sul letto con una tale furia che sentii il letto ondeggiare sotto il mio corpo. Appena lo vidi avvicinarsi cercai di scendere, ma lui fu più veloce e mi fu sopra in neanche un minuto: iniziò a schiaffeggiarmi il volto e a picchiarmi su tutto il copro, facendomi talmente tanto male che non riuscivo più a sentire neanche il mio corpo. Non so come ma mi strappò il vestito trasparente che indossavo, e sapevo che se non avrei fatto qualcosa in quel momento si sarebbe spinto anche oltre. Girai il volto verso il comodino affianco al letto: un ferma-carte in argento mi sembrava al momento la mia unica via di salvezza. Con un movimento veloce della mano presi l’oggetto e lo infilai nel collo del mio aggressore. La punta dell’oggetto entrò senza problemi nella carne vecchia e raggrinzita del Conte, facendo uscire dalla ferita una fontana di sangue che bagnò anche il mio volto tumefatto dai colpi ricevuti. Il corpo esanime cadde sopra di me , facendomi sentire tutto il peso della morte di cui ero responsabile. Ancora scossa per quanto successo strisciai sotto il corpo e fuori dal letto. Brandivo ancora in mano l’arma sporca di sangue vivo e rosso che macchiava la mia candida mano assassina. Guardavo il copro e quegli occhi ormai ricoperti dal vuoto della morte, e non sentivo nulla se non una sottile sensazione di piacere.

    Nessuno sa chi sono, alcuni conoscono il mio nome, ma tutti sanno che esisto.
    Sono passati soltanto due anni, ma ho imparato che se vuoi sopravvivere in questo mondo non devi chiedere aiuto a nessuno, ma devi essere tu quella alla quale viene chiesto aiuto. Oggi sono da tutti considerata come “la morte in terra”: se volete sistemare qualche problema, basta che mi chiamate e io sistemerò tutti i vostri problemi. Sono la morte e la mia bellissima e sensuale figura di diciassettenne sarà l’ultima cosa che vedrete in questo mondo.
    La vita mi ha messo davanti a due sentieri e io ho scelto quello della giustizia; se la mia anima per questo sarà destinata all’inferno, non ha alcuna importanza, perché so che quello che faccio è la cosa giusta.
    Salutatemi, supplicatemi, pregatemi e morite vili uomini spietati.



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    Syrio: "Cosa diciamo noi al Dio della morte?"
    Arya: "Non oggi"

    In questa partita: Arya Stark, terza figlia di Lord Eddard Stark, Protettore del Nord dei Sette Regni e Signore di Grande Inverno.


    --------------------------------------------------
    Nella 2° partita: Ser Garlan Tyrell

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    Conserva l'amore nel tuo cuore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole dove i fiori sono morti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e ricchezza alla vita che nient'altro può portare.
    Oscar Wilde
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    Lord Petyr
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    00 28/12/2010 02:05
    Molto,molto bello davvero...

    Bravissima!

    Anche se al momento ho qualche remora a stringerti la mano...ghghghghg

    uff, pare che dovrò proprio darci sotto!
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    fantasia 16
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    00 30/12/2010 18:00
    hehehehehe sono molto contenta che ti piaccia

    devo dire che sono abbastanza soddisfatta di me stessa



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    Syrio: "Cosa diciamo noi al Dio della morte?"
    Arya: "Non oggi"

    In questa partita: Arya Stark, terza figlia di Lord Eddard Stark, Protettore del Nord dei Sette Regni e Signore di Grande Inverno.


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    Nella 2° partita: Ser Garlan Tyrell

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    Conserva l'amore nel tuo cuore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole dove i fiori sono morti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e ricchezza alla vita che nient'altro può portare.
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    Lord Petyr
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    00 06/01/2011 06:56
    A volte è il Cielo, che piange per tutti noi
    E’ una giornata tipica d’autunno. Gli alberi,dalle foglie ingiallite che tenaci resistono alle prime brezze invernali rifiutandosi di cadere, costeggiano da entrambi i lati la strada che Next,in macchina,percorre con andatura accomodante e silenziosa.
    Sono le prime luci del mattino,di quel tenue arancio che,squarciando sulla linea dell’orizzonte le dense nubi che presagiscono l’incombente temporale, rendono perfettamente l’idea di ciò che il ragazzo ha nell’animo : la dolce malinconia di momenti perfetti che si fanno di giorno in giorno più distanti,più inaccessibili e sfuocati; e la cupa atmosfera della disperazione, di quella rabbiosa disperazione che racchiude in sé la forza di una reazione che nulla lascerà dietro di sé, a cominciare da pietà e compassione, indispensabili vittime sacrificali per gli eventi a venire.
    Next si è svegliato nel cuore della notte per prepararsi al meglio per questo giorno : si è rasato di fresco, si è fatto una doccia, ha indossato il completo nero acquistato il giorno prima apposta per l’occasione, si è pettinato con cura i capelli. Dopodichè, ha preso carta e penna e si è accomodato sul tavolo della cucina, con la sola luce di una piccola abat-jour a illuminare il foglio,unica luce in una casa rimasta per il resto avvolta nel buio completo.
    Ha scritto una lettera di poche righe, eppure ci ha messo moltissimo a formularle,soppesando ogni parola, ripensando più e più volte a ciò a ciò che stava per mettere nero su bianco.
    E nel tanto che faceva questo, qualcosa di importante si crepava dentro di lui,crepe sempre più evidenti che velocemente si ramificavano, riducendo il tutto in frantumi che pericolanti restano in piedi.
    Fino a quando uno di essi oscillando perde l’appoggio, e cade; e così,in un attimo, anche tutti gli altri pezzi cadono rovinosamente, precipitando in un abisso che pare senza fondo,svanendo alla vista inghiottiti dalla tenebra più assoluta.
    Poi d’un tratto, un attutito tonfo si eleva dal fondo, crescendo nella sua salita di tono,come un lamento, e raggiungere la superficie in un assordante urlo disperato.
    Per questo è stato così lento,nel vergare quelle poche righe.
    Ogni frase una crepa,ogni parola che l’allarga fino ai frantumi che veloci cadono verso il basso,un dolore lancinante al petto lungo tutta la caduta, e infine le lacrime di chi si è arreso con un grido del proprio animo al cieco furore e all’oblio di tutto,salvo la vendetta.
    Ha pianto a lungo,calde lacrime salate lentamente gli hanno solcato il viso,bruciandoglielo come lingue di fuoco.
    A fatica si è ricomposto, avrebbe forse preferito abbandonarsi per sempre chino su quel tavolo di cucina,ma non può,sa che non può. Oggi deve andare.
    Ha chiuso la lettera in una busta, senza scriverci niente sopra, poi ha afferrato le chiavi della macchina ed è uscito,senza curarsi di chiudersi la porta di casa alle spalle.
    Salito in macchina, ha poggiato con innaturale lentezza e cura la busta sul sedile del passeggero,come fosse un tesoro da maneggiare con attenzione.
    Per chi lo avesse visto in tale operazione, sarebbe sembrato come minimo strampalato,ma non è così.
    Per lui, in quel momento, un intero vecchio mondo era stato sigillato in un sarcofago di carta, per poi essere abbandonato per sempre, come non fosse mai esistito. Quindi si è accomodato alla guida,si è allacciato con calma la cintura di sicurezza ed è partito,fino a raggiungere quel viale alberato.
    Ai lati del viale,oltre le linee degli alberi, si estende da ambo le parti per un centinaio di metri un curato prato inglese, di un verde rigoglioso.
    La strada davanti a lui sale su per una dolce collina,che isolata si erge sulla bassa campagna circostante, quasi totalmente dedicata alla vigna. Procede lungo di essa per ancora qualche minuto,raggiungendone infine la cima.
    Scende dalla macchina con calma,inspirando a fondo per poi voltarsi ed osservare coi verdi occhi malinconici la meta del suo viaggio.
    A pochi metri da lui, uno stretto vialetto di ghiaia bianchissima,delimitato ai lati da file di pietre ordinatamente sistemate,gli indica il cammino. Con lo sguardo rivolto verso il basso, si avvia con incedere elegante e leggero, a passo lento e sicuro,lungo il vialetto.
    Non rivolge mai lo sguardo avanti a sé,ma sempre a terra; non vuole anticipare la vista di quello spettacolo orrendo,forse anche perché, potrebbe togliergli il coraggio di arrivare fino in fondo.
    Trattiene il fiato,ad ogni passo,come camminasse sulla soglia dell’abisso,sperando forse di cadere; ma non succede.
    Mentre prosegue verso la propria meta,il suo sguardo segue i suoi passi,conscio che presto,un attimo appena prima di arrivarci,scorgerà il suo punto di arrivo, e di non ritorno insieme.
    E in effetti così succede.
    Liscia pietra bianca appena qualche centimetro davanti alle sue scarpe appare; s’arresta di colpo.
    E’ il momento. Non può evitarlo.
    Alza lo sguardo,e vede. Una lunga pietra bianca,immacolata e perfetta,di forma rettangolare,con dei caratteri d’argento su di essa; e dall’altro capo di questa, una statua perfetta, di marmorea bellezza, nella posizione di eterno monito a chi passa di lì, incrocia il suo eterno sguardo con quello di lui.
    In piedi,a testa alta, la meravigliosa scultura ha il viso di chi lì è sepolto, stringe nella man dritta l’elsa di una spada, con la punta verso il basso, e la mano sinistra poggiata sul petto.
    Ai suoi piedi,in una targa d’acciaio splendente, risalta la scritta
    “AMORE E GIUSTIZIA,NON CHIEDO ALTRO”.

    Next, elegante e solenne,immobile resta davanti a quella tomba stupenda,incrociando solamente le mani davanti a sé,tenendo tra esse stretta la sua,di tomba,quella della memoria.
    Per alcuni istanti,che non finiranno mai, resta muto, mentre si leva un improvviso alito di vento, un incoraggiamento a parlare nel fruscio rilassante che si ode nell’aria.
    Quando infine il sussurro svanisce, Next inspira a fondo,trattiene il fiato,prende coraggio.
    Lascia andare tutti i suoi dubbi insieme al fiato incamerato, espellendoli entrambi. Quindi, con calma, dice quello che è venuto a dire :
    “Ciao, Lyanna…”
    comincia il discorso con la voce,armoniosa e rilassante,amichevole,raccolta in un soffio
    “ perdonami, se non sono venuto prima a trovarti, ma mi ero perso. Mi ero peso tra la disperazione e la rabbia, tra la nostalgia e i miei ricordi di te. Mi ero perso tra i mille progetti di vendetta, anche se so che tu non saresti stata d’accordo. Mi ero perso nel vuoto. Mi ero perso nel silenzio. Mi ero perso nel capire cosa vorresti che facessi per te o senza di te”
    continua a dire a chi lui spera sia comunque lì ad ascoltare
    “ma adesso lo so, amore mio”
    conclude inginocchiandosi lentamente,protendendosi in avanti per poggiare le proprie labbra su quella gelida superficie ,con dolcezza.
    Si solleva quindi appena un po’ da quella pietra tombale, per farle quindi la propria promessa
    “La tua morte è un dolore per molti,che supereranno, ma la fine per me. Amami e perdonami,Lyanna. Hanno profanato la tua vita, ed io non resisto, non ce la faccio. Il mondo intero per me è un tempio, senza più nulla in cui credere”
    Una promessa enigmatica, pronunciata non con il tono amichevole di prima, ma con la voce dura e implacabile del guerriero, senza ombra di incertezza.
    Nel rialzarsi, apre la busta che teneva tra le mani,senza aprirla, ma poggiandola assieme alla busta stessa sulla lapide, prima di allontanarsi velocemente da quel luogo, salire in macchina e abbandonare a massima velocità quella collina così dolorosa da affrontare.
    Quando ormai è lontano,all’orizzonte si addensano nubi, in lontananza si ode il rombo dei tuoni.
    Pioggia comincia a cadere fitta, di pari passo con un vento crescente.
    La busta e il foglio si sollevano da terra, danzando per alcuni istanti sinuose e leggere in elegante duetto. Il foglio si apre,incastrandosi al termine di quella danza tra le dita della mano sul cuore della statua. La pioggia fitta ne slava l’inchiostro, ma resta leggibile ciò che vi è scritto :

    La vita non continua e non si evolve, Lyanna. Partiamo carichi d’affetto, perdendone piccoli pezzi di volta in volta con ogni dispiacere, finchè alla fine della nostra strada non l’abbiamo dato tutto. A te non hanno concesso di dare quello che potevi, ma io ti ridarò questo diritto. Per te, luce spenta della mia vita, aprirò le PORTE DEL CIELO.

    Amami e perdonami, Lyanna.

    Next.


    La busta invece si va a poggiare con forza sugli occhi di quel bellissimo viso di pietra,bendandoglieli.
    L’acqua piovana dal capo discende lungo il viso,attraversando la busta, prima di scorrere lungo le guance a goccia a goccia e terminare il proprio viaggio sui piedi di quel corpo immortale.
    Sono gocce strane, gocce che emanano un leggero vapore,gocce calde.
    Come le lacrime di chi non ha più parole.

    Pochi minuti dopo, alla base della collina, il silenzio sarà spezzato da uno schianto, fragoroso e assordante.
    Piccoli stormi di uccelli che fino ad un attimo prima riposavano pigramente appollaiati sui rami degli alberi, cinguettando come ad intonare un canto dolce intriso del ricordo di un estate appena trascorsa che lentamente vira verso l'inverno, spiccano il volo, senza preavviso, dirigendosi altrove, ovunque ma lontano da quel posto.
    Questa volta, l'anima non verrà raccolta dalla Sinistra Mietitrice quando questa vagherà sola, infreddolita e sperduta, dalla parte sbagliata del fiume.
    Stavolta la Morte è venuta di persona, a prendere l'anima di Next, sfidando le leggi, ha preso forma.
    Un lungo abito nero indossa per l'occasione, che ne esalta le forme di donna perfette e leggiadre, piene, con una scollatura profonda addolcita dal seno prosperoso di madre, non di ammaliatrice.
    Un alto collo arriva al mento della donna dal volto di conturbante, fredda e altezzosa, impareggiabile bellezza.
    Occhi bianchi osservano l'auto accartocciata e distrutta, di solito freddi, vuoti, per uno sguardo che ad osservare, ti trascina nel nulla che è la sua essenza.
    Stringe tra le mani il gomitolo della vita di Next, e non può fare a meno di guardare più volte quei pochi metri di filo argenteo e luccicante che la conducono a lui, al termine dei quali sarà costretta dal suo compito ad un taglio netto, secco e preciso.
    Un altra vita recisa.
    Sospira, l'Oscura Signora, e trema leggermente.
    Nella moltitudine delle ere che ha attraversato, solo di rado ha mostrato pietà, risparmiando i suoi futuri amanti già pronti, già arrivati al loro momento di incontrarla.
    Ma mai, le è capitato di non sapere che fare, di sentirsi smarrita, impotente, ingiusta.
    Allungare questa vita che così disperatamente vuole smettere di soffrire, è pietà?
    I suicidi non sono degni del paradiso, ma dell'oblio, queste sono regole, punizione stabilita per chi dimentica il valore di ciò che gli è stato donato.
    Negare a quest'essere di rivedere per sempre la luce calda e avvolgente di un sorriso così tenacemente amato fin oltre la soglia della morte, è forse giusto?
    Domande che non dovrebbero nemmeno esistere, nell'universo vuoto di significati mortali che è il suo dominio.
    Ma forse, alle volte, persino gli Dèi, possono smarrirsi, assistendo a dolori che nascono da sentimenti così puri, così al di sopra di ogni volontà di gestirli e interpretarli, da avere la forza sufficiente a toccare e far risuonare le corde di qualunque involucro contenga uno spirito, con un suono così distinto e perfetto, che non si può fare altro che ascoltarlo, rinunciando a quell'istinto di autoconservazione che imporrebbe invece di ignorare.
    La Morte si è persa.
    Guarda come gli umani, verso l'alto.
    “ Devo farlo davvero?”
    dimanda, pregando una risposta, sentendo la sua voce incrinata, prossima ad una tristezza e un rammarico che potrebbero persino portarla a sentire sul suo viso qualcosa di caldo scorrere e bruciarla.
    La Morte è smarrita.
    Ma la risposta arriva dalle sue spalle.
    “ No,non devi”
    gli viene sussurrato alle sue spalle, mentre mani gentili e delicate prendono il gomitolo della vita di Next dalle sue mani, e lei non si oppone, portando le proprie a coprirle il volto, coprendo lacrime che non dovrebbero appartenerle da sempre.
    E' il pianto di chi ringrazia, per aver evitato qualcosa di cui si sarebbe pentito per sempre.
    Quando si calma, si volge alle sue spalle, e lo vede, rimanendo stupefatta.
    “ Tu...” sussurra solamente, incredula, ma come darle torto.
    Naimmanie, il Signore del Blu, è sceso sulla Terra.
    “ Lui viene con me” le spiega, in un sussurro d'aria fresca e leggera, rassicurante, piacevole, come un abbraccio che si immagina più volte e che infine diviene reale, esattamente come lo si sognava.
    Sospira, il Signore del Blu, soddisfatto e calmo
    “ E' giusto che sia così “ sentenzia poi, avviandosi, avvolto nel suo lungo abito blu come il mare, coi mille cerchi azzurri che si muovono sopra di esso come i cieli delle mille stagioni della Terra,
    e una scia di nuvole lasciata al suo passaggio.
    Arrivato all'auto, Naimmanie passa come fantasma tra le lamiere e i vetri rotti, come perdendo di sostanza.
    Raggiunto Next, spinge con le mani , delicatamente, il gomito di vita dentro al petto del giovane.
    Poi, come un padre farebbe col proprio pargolo addormentato sul divano, ne prende in braccio l'anima, uscendo dall'auto accartocciata, cullandola con una dolcezza commovente
    “ Dormi, Next, riposati...non c'è più nulla di cui preoccuparsi. Hai vinto, giovane uomo, sai?” gentilmente, carico di compassione, lo conforta il Signore del Blu, tornando sui suoi passi, oltrepassando la donna, che ignora completamente.
    “ Hai aperto le Porte del Cielo. Ti abbiamo osservato, da quando angeli sono tornati nel Regno dei Cieli, furenti, disperati, commossi, confusi, pieni di vergogna e bisognosi di una carezza.” Racconta cosa è accaduto a quell'anima che ora riposa, sorridendo inconsciamente, come lo sentisse, come si adagiasse su quelle parole nel modo in cui ci si adagia volentieri su di un prato in fiore a primavera.
    “Non sei tu ad aver aperto la Porte del Cielo, Next...siamo noi ad averle spalancate per te”conclude, arrestandosi mentre un lastra di solido cielo azzurro precipita fino a terra, schiantandosi sulla strada.
    Enormi porte di cristallo prendono forma, aprendosi poi lentamente, rivelando una luce raggiante, stupenda.
    Persino la morte, si è sentita piccola, davanti a tanta magnificenza.
    “ Dio non obbietterà?” domandò a Naimmanie, sottovoce
    Senza voltarsi, egli le replicò
    “ Dio ha coperto gli occhi di lei. Ha detto che non avrebbe tollerato, che lei vedesse tutto questo”
    La Morte osserva il Signore del Blu, rapita dal suo splendore, mentre oltrepassa infine la soglia delle Porte del Cielo.
    “ Sai cosa dicono a volte gli umani, quando arriva la pioggia battente?”
    chiese infine a Naimmanie, quietamente, quasi ironicamente
    “ Cosa? “ rispose lui, mentre le porte andavano chiudendosi lentamente
    “ A volte è il cielo, che piange per tutti noi “
    Naimmanie, il signore del Blu, sparì immediatamente, dopo quelle parole, non appena le porte di cristallo si richiusero, svanendo assieme alla lastra di cielo, che tornò ad unirsi ll'azzurro che copriv ogni spazio verso l'alto.
    La Oscura Signora, sospirò, guardando verso l'alto.
    Ma prima che potesse anch'ella sparire, una risposta le giunse da ogni direzione,portat era evidente da ogni vento esistente.

    “ E' proprio così”

    Per quanto continuasse a piovere, l'Oscura Signora decise di aspettare ad andarsene, preferendo passeggiare per un po' lungo la strada di quella collina.

    Sicura, che quella fosse una bella giornata per farlo.
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    Lord Petyr
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    00 06/01/2011 06:58
    Ecco il mio lavoro...

    Una faticaccia,devo dire.

    Spero che piaccia.

    Ho voluto, dopo i commenti della socrsa gara, dare un finale alla storia precedente.


    ci è voluta una notte, ma credo che si abbastanza in liena con l'altro racconto, quindi dovrebbe secondo me essere venuto soddisfaente.

    E comunque sono il secondo racconto.

    Male che va, piazza d'onore!


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    Maestro Aemon
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    00 06/01/2011 13:01
    Inserisco questo racconto, scartato per la precedente gara.
    Quello nuovo che avevo pensato non avrò il tempo per concluderlo e poi rileggendo quanto già scritto mi sapeva di già visto.
    Quindi lascio al vostro giudizio questo racconto, che al tempo mi era piaciuto e a cui avevo dedicato molto più tempo rispetto a quello proposto per la gara.
    Buona lettura!

    Racconto di mezzanotte

    Era notte fonda quando Frank sentì dei passi attutiti percorrere il corridoio.
    Per un attimo l'adrenalina tornò a scorrergli nelle vene aumentando il suo senso di percezione e dissipando ogni stanchezza.
    Poi capì. Quei passi leggeri e leggermente strascicati potevano appartenere a una sola persona. Richiuse il pesante libro che aveva accanto a se sulla scrivania ed attese l'arrivo del suo ospite.
    Pochi istanti dopo fece il suo ingresso nel salotto la sua adorata nipotina che si stropicciava gli occhi alla presenza della luce proveniente dalla lampada utilizzata per illuminare degnamente schermo e tastiera del pc che il vecchio Frank utilizzava ogni sera per scrivere il suo romanzo.
    "Sei ancora sveglio nonno?"
    "Lo sai che io lavoro sempre fino a tardi. Tu invece cosa ci fai ancora alzata a quest'ora."
    Le chiese mentre dolcemente la sollevava da terra e se l'appoggiava sulle gambe scoccandogli un grosso bacio sulla guancia.
    "Non riesco a dormire." Disse con gli occhietti vispi che cercavano di sbirciare da sopra la spalla del nonno lo schermo del computer.
    "Eh eh, lo sai che non voglio che si legga il mio romanzo prima che sia concluso."
    "Dai nonno solo un pezzettino, così posso dirti se sta venendo bene."
    Frank scoppiò a ridere, ma subito cercò di trattenersi per non svegliare il figlio e la nuora che dormivano nella stanza accanto.
    "Lascia stare il mio racconto. Dimmi piuttosto perché non riesci a dormire?"
    "Ho fatto un brutto sogno e c'è un mostro che bussa al vetro della mia finestra. Non voglio stare in camera da sola."
    "Ormai sei grande non puoi continuare a dormire nel lettone con la mamma e il papà. Descrivimi un po' com'è fatto quest'orrendo mostro?"
    La nipotina assunse l'espressione più truce che riuscì a trovare e si lanciò nella descrizione, senza risparmiare ampi gesti per enfatizzarne le fattezze. "È fatto di puro buio, più nero delle pece. Ha un lungo braccio ricurvo, con dita scheletriche a-alunghe..."
    "Adunche" la corresse il nonno.
    "E io cos'ho detto, adunche. È altissimo riesce a bussare direttamente al vetro della mia cameretta, ma la cosa peggiore è che non ha gli occhi, solo due profondi buchi neri e se ci guardi dentro vedi tutte le cose brutte che hai fatto e ti ritrovi con gli occhi carbonizzati."
    Il nonno si fece pensieroso, sogghignando sotto i baffi.
    "Mmmm, un mostro molto strano. Sai che penso proprio di sapere da dov'è saltato fuori?"
    "Davvero nonno?"
    "È molto semplice. Il mostro non è altro che un collage tra la tua immaginazione e le tue paure. Scommetto che prima di addormentarti hai acceso la televisione nella tua cameretta e ti sei messa a guardare un film. Scommetto anche che se adesso prendiamo la guida tv riesco addirittura ad indovinarne il titolo, o preferisci dirmelo te?"
    Solo per un istante la bimba si ritrasse pensando di venir punita, ma subito si riprese e rispose con entusiasmo.
    "Ho visto un film bellissimo di un motociclista che di notte aveva al posto della testa un teschio infuocato..."
    "... e che se guarda le persone negli occhi glieli brucia, non è vero?"
    "SI! Come fai a saperlo."
    "Spiegati gli occhi del mostro, dato che questi occhietti sono ancora bellissimi." Le disse mentre glieli accarezzava dolcemente con la punta delle dita. "Oppure sono ancora così perchè hai guardato il mostro negli occhi e non avevi nulla di brutto da vedere?" Le chiese il nonno facendosi serio.
    "Non l'ho visto negli occhi, se ne stava nascosto dietro il muro, non si è affacciato, metto sempre Cerbero di guardia alla finestra, come mi hai detto te."
    Cerbero era il suo cagnolino di peluche preferito, con le sembianze di un Rothwailler ma grosso come un Pincer.
    "Quindi non potresti sapere cosa succede a chi lo guarda negli occhi a meno che non l'avessi visto accadere a qualcun altro. Nel film appunto. Il suo corpo nero come la pece è ancora più facile, dato che la tua più grande paura è di restare da sola al buio, per questo hai acceso la televisione e guardato il film fino a quest'ora vero?"
    La piccola annuì con fare colpevole.
    "Per finire le dita lunghe e il braccio ricurvo. Scommetto che se domani mattina guarderai fuori dalla finestra riconoscerai quell'orrendo mostro nel povero albero spelacchiato che abbiamo in giardino."
    "Allora è l'albero che si trasforma di notte!" disse la Susy spalancando la bocca stupefatta.
    Il nonno scoppiò nuovamente a ridere vedendo l'espressione della nipote.
    "Quel povero albero non si trasforma proprio in niente. Ha solo la colpa di essere cresciuto un po' troppo e i suoi lunghi rami spostati dal vento sono venuti a picchiare sulla tua finestra. Sabato chiederemo a papà di tagliarli un po' così non ti disturberà più."
    Le accarezzò dolcemente i capelli e continuò con un tono ancora più dolce.
    "Vedi piccola la tua immaginazione è un bellissimo dono. Alla tua età ce l'hanno in tanti, quasi tutti, ma spesso viene utilizzata per vedere nelle semplici cose mostri orribili che incarnano le nostre paure." Fece una pausa e si fece più serio alzando gli occhi a guardare un punto fisso sul muro di fronte, come ad osservare chissà cosa di affascinante e misterioso al tempo stesso.
    "A tal proposito mi torna alla mente un mio vecchio racconto, basato su una storia vera. Ma non è il caso di raccontartelo adesso che sei così spaventata per il mostro dato che è una storia molto cruda e con tanto sangue."
    "Per piacere nono Frank raccontamela, ti prego ti prego ti prego! Non ho mai detto che sono spaventata, ho solo detto che non riesco a dormire. Anche te resti sveglio tutte le notti fino al mattino, quando facciamo colazione insieme, poi quando io vado a scuola e il babbo e la mamma vanno al lavoro ronfi come un ghiro fino all'ora di pranzo e non ti alzi mai finché non ti do un bacio. Mica sei spaventato tutte le notti, semplicemente non hai voglia di dormire e ti piace lavorare nella tranquillità. Come dici te la notte ti assiste."
    Sul viso del nonno si allungo un sorriso tirato, che di allegro non aveva nulla, ma Susy pensò semplicemente che fosse restio a raccontarle quella vicenda, quindi assunse la sua espressione più dolce e iniziò a chinare leggermente la testa, continuando a guardarlo, mente allungava il labbro inferiore. Sapeva che con quell'espressione il nonno non era mai riuscito a dirle di no.
    "E va bene, piccola ruffiana!" Disse sorridendo, nuovamente allegro. "Te la racconto, ma non voglio sapere niente se tua madre domani si lamenta perché hai avuto gli incubi."
    La piccola annuì con forza e si mise comoda contro il petto del nonno, osservandolo mentre come al solito si arruffava i baffi cercando di riportare alla mente le vecchie parole che aveva utilizzato per tessere la trama e per trovare il punto ideale dal quale partire.
    "Questa storia parla di un giovane ragazzo di nome Nick. Al tempo di questa vicenda aveva più o meno 19 anni. Come dicevo prima una forte immaginazione è insita in tutti noi, ma molti col temo la perdono o la soffocano con le regole e le concretezze della vita di tutti i giorni. Beh, questo non era successo a Nick. Era un ragazzo con una fantasia estremamente vivida. Gli capitava spesso di essere seduto a studiare, a fissare le pagine delle materie che più odiava e all'improvviso si ritrovava immerso in una scena di un libro che aveva letto, di un film che aveva visto o semplicemente all'interno di una fantasia che di colpo l'aveva rapito. Ma non sempre immaginava cose piacevoli. C'erano volte in cui i suoi pensieri lo portavano in posti oscuri dai quali cercava di distaccarsi all'istante, ma che gli rimanevano dentro provocandogli brividi gelati che lo attraversavano da capo a piedi.
    La nostra storia inizia proprio così con un brutto pensiero, il peggiore che Nick avesse mai immaginato, quello che lo terrorizzava maggiormente e che da un po' di tempo gli si riproponeva in continuazione."

    Nick era di ritorno da una delle poche serate trascorse in discoteca.
    Non era un frequentatore abituale di quei locali, ma questa volta c'era di mezzo una ragazza e per lei un piccolo sforzo era disposto a farlo.
    Tra qualche ora sarebbe sorta l'alba e la stanchezza aveva già iniziato a riscuotere il suo debito mentre tornava a casa in auto. Varcando il cancello cercò di ricordare che strada avesse fatto per tornare, ma non ci riuscì. Tutta la sua attenzione l'aveva utilizzata per mantenere il veicolo tre le due righe bianche della sua carreggiata mentre le ultime energie rimaste venivano consumate nella titanica impresa di tenere gli occhi aperti.
    Non importava. Ormai era giunto a casa. Qualche gradino, pochi passi e si sarebbe finalmente potuto accasciare sul letto e dormire fino all'ora di pranzo se non oltre.
    Appoggiò la mano sulla ringhiera e tra uno sbadiglio e l'altro salì la rampa di scale.
    Iniziò ad armeggiare con le chiavi e l'istante prima di infilarla nella toppa venne folgorato ancora una volta da quel maledetto pensiero che lo lasciò rigido dalla testa ai piedi come se si trovasse imprigionato in un blocco di ghiaccio.
    Gli attraversò la mente per qualche istante poi riuscì a scacciarlo.
    L'adrenalina gli vorticava nelle vene, come un fiume in piena che fosse finalmente riuscito a distruggere la diga che lo arginava. Tutta la stanchezza era dissolta e le terribili immagini continuavano a balenargli davanti agli occhi come piccoli flash abbaglianti.
    Li chiuse con forza scuotendo la testa e dandosi dell'idiota a denti stretti.
    Infilò la chiave e la girò piano per non destare nessuno. Mentre richiudeva l'uscio venne investito da un forte odore metallico che saturava l'aria.
    Il cuore prese a martellargli nel petto. Non era possibile, non poteva essere, era solo un altro scherzo della sua immaginazione.
    Ma le sue speranze si infransero dopo pochi passi esitanti. Mentre gli occhi cercavano ancora di abituarsi alla flebile luce che dai lampioni filtrava attraverso le persiane abbassate le sue scarpe produssero quel suono tipico di quando si calpesta una bassa pozzanghera. Un suono che non avrebbe mai voluto udire, ma che confermava i suoi più cupi timori.
    "Ti prego fa che sia una perdita del lavandino, o l'acquario che si è rotto, tutto ma non quello!" Sussurrò tra se mentre gli occhi iniziavano a riempirsi di lacrime.
    Indietreggiò finché le spalle non andarono ad urtare la porta. Allungò la mano sinistra tremante verso l'interruttore, mentre gli occhi filtrando la penombra e le lacrime gli mandarono l'immagine della sagoma stesa in mezzo al corridoio.
    Li chiuse di colpo, liberando le lacrime che iniziarono a solcargli le guance. Le dita ferme sull'interruttore incapace di muovere un solo muscolo. Non era vero, non poteva essere vero.
    Lo fece scattare e si costrinse ad aprire lentamente gli occhi.
    La vista era annebbiata. Le lacrime distorcevano l'immagine che gli si parava davanti, identica al suo incubo peggiore che l'aveva aggredito fuori dalla porta. Questa volta però era reale.
    Suo padre giaceva a terra in un mare di sangue. Il petto immobile. La schiena martoriata. Non si capiva dove finivano i lembi stracciati del pigiama e dove iniziavano quelli di carne maciullata. Il volto contorto in una smorfia di dolore. I pugni ancora serrati rivolti alla porta d'ingresso.
    Nick si mosse, un lento passo misurato dietro l'altro, finché non gli fu accanto.
    S'inginocchio nel sangue, s'accasciò sul corpo senza vita del padre e pianse per un tempo che gli parve infinito. In realtà non passarono che pochi secondi prima che si rendesse conto che il padre non era solo in casa.
    La sua muta preghiera mutò. Pregò che il padre fosse riuscito a mettere in fuga gli assalitori prima che potessero fare del male anche a sua madre e sua sorella. Ma il silenzio innaturale che permeava la casa gli confermò all'istante che era una speranza vana. Pregò quindi che il padre li avesse messi in fuga e che le donne si fossero rifugiate da qualche vicino, per il terrore. Ma anche questa versione non stava in piedi. Non si udivano sirene spiegate in avvicinamento. Non aveva notato vicini allarmati alle finestre che scrutavano la casa in cui si era svolto il massacro.
    Si alzò nuovamente e si voltò verso la porta della sua stanza che condivideva con la sorella. Ma ci ripensò all'istante. Non avrebbe retto di vedere il corpo della sorellina in quello stato. Fece un profondo respiro e si diresse verso la camera dei suoi. Macchie di sangue lordavano i pavimento. Il padre doveva aver lottato per proteggere la figlia e forse anche lui, dato che sarebbe dovuto rientrare diverse ore prima. Sentì un'altra stretta al cuore mentre si chiedeva se le cose sarebbero potute andare diversamente. Forse gli assassini appostati fuori vedendolo rientrare avrebbero rinunciato. Forse avrebbe potuto combattere al fianco del padre e avrebbero avuto la meglio. Forse a quest'ora anche lui sarebbe disteso a terra in un lago di sangue. Forse...
    Si appoggiò allo stipite della porta incapace di varcare la soglia.
    La madre era distesa nel letto. Gli occhi sbarrati. Una mano protesa verso il posto occupato dal marito l'altra adagiata accanto al collo dove si apriva un lungo solco scarlatto che aveva lordato lenzuola e materasso.
    Si staccò dalla porta. Fece il giro del letto e le sue scarpe calpestarono i vetri caduti dall'anta a specchio dell'armadio andata in frantumi. La lotta doveva essere iniziata lì.
    Singhiozzando sommessamente diede un bacio sulla fronte alla madre e le chiuse gli occhi, rimanendo per alcuni minuti con il viso affondato nei suoi capelli. Poi si fece coraggio e si diresse verso la sua stanza. Ogni passo pesante come un macigno.
    La stanza era più luminosa delle altre. Una buona porzione della tapparella era stata tagliata o sciolta con una fiamma ossidrica portatile, tipo quella usata dagli chef. Il vetro era stato tagliato, un cerchio perfetto grande abbastanza per permettere all'assassino di far ruotare la maniglia. Poi doveva essere sceso ai piedi del letto e dopo aver estratto i coltello si era avvicinato a sua sorella che inconsapevole continuava a dormire beata, come sempre su un fianco, con il volto rivolto al muro. Senza accorgersene aveva posato lo sguardo sul corpo di lei, che fino a quel momento aveva cercato di evitare.
    Da dove si trovava pareva che stesse ancora dormendo. I lunghi capelli corvini che si adagiavano sul cuscino e sulle lenzuola leggermente scostate dalla mano che si protendeva in basso ad afferrare il suo pupazzo preferito. Si allungò leggermente verso di lei, quel tanto che bastava per vedere la macchia scura che si allargava all'altezza del suo cuore. Un unico colpo, misurato e calibrato che aveva spezzato la sua giovane vita.
    Di colpo il quadro fu completo.
    Mentre cadeva in ginocchio ai piedi del letto liberando tutta la sua angoscia la sua mente iniziò a vagare e con ciò che aveva vistò ricostruì uno straziante resoconto di ciò che era accaduto.

    L'assassino appostato fuori attese che tutte le luci si fossero spente, dopodiché rimase ancora immobile per ore aspettando che il sonno rapisse totalmente le sue vittime.
    Quando decise che il momento era giunto si distacco dalle ombre del suo rifugio e si avvicinò alla finestra sul retro della casa, che non era visibile dalle abitazioni vicine.
    Si arrampicò sulla piccola tettoia sotto la finestra della camera dei ragazzi. Fece scorrere sotto lo spiraglio della tapparella una specie di foglio rigido scuro per attutire la luce prodotta dalla piccola fiamma ossidrica che si apprestò ad accendere. Sciolse piano la tapparella e attese acquattato nell'ombra che si raffreddasse, prima di estrarre il taglierino con la punta di diamante per tagliare il vetro, utilizzando una piccola ventosa per non farlo cadere. Infilò la mano nel foro praticato ed aprì la finestra cercando di far meno rumore possibile. Lentamente scese ai piedi del letto, estrasse la sua arma e senza avere la minima pietà per la ragazzina che aveva di fronte gli conficco il sottile e lungo pugnale direttamente nel cuore. Poi con la lama ancora gocciolante si diresse verso l'altra camera. Silenzioso come un gatto aggirò il letto per colpire la donna.
    La mano che la malcapitata teneva sul petto gli impediva di ucciderla con lo stesso metodo utilizzato per la figlia. Decise quindi di sgozzarla. Mentre le teneva la mano sinistra sollevata a pochi centimetri dalla bocca, le passò il coltello sulla gola. La lama affilatissima taglio carne muscoli e arterie con la facilità con cui un coltello affonda nel burro. La mano sinistra scattò a serrarle la bocca prima che emettesse anche un solo grido di allarme, mentre il sangue usciva copioso dalla ferita. Un sorriso sadico gli si dipinse sul suo volto mentre osservava gli occhi atterriti della donna che soffocava nel suo stesso sangue. Ma si era crogiolato nella sua macabra soddisfazione un attimo di troppo. La mano della malcapitata in un ultimo disperato fremito riuscì a destare il marito che colto di sorpresa scattò in piedi. L'assassino cercò di colpirlo, ma non vi riuscì con il letto che li separava. L'uomo lo aggirò con due rapidi passi e sfruttò l'impeto per gettare l'aggressore contro l'armadio, mandando in frantumi lo specchio. Si chinò sulla moglie disperato, ma per lei non c'era più nulla che potesse fare. L'assassino era ancora a terra, la schiena contro l'anta distrutta dell'armadio, gli occhi chiusi. Non badando alle schegge di vetro che gli si conficcavano nelle piante dei piedi, si voltò e corse a vedere come stavano i figli. La mente bloccata su quell'unico terribile pensiero. Raggiunse il corridoio e fece in tempo a vedere il letto vuoto del maschio, che evidentemente doveva ancora rientrare e la piccola che dormiva ancora su un fianco. Rincuorato iniziò ad urlare il suo nome meravigliandosi che non si fosse ancora destata con quel baccano. Ma le parole gli morirono sulle labbra quando la prima coltellata gli trafisse la schiena. L'aggressore non si diede per vinto era intenzionato a portare a termine la sua ingiustificata carneficina e si avventò sulla schiena dell'uomo colpendo in continuazione, con una furia cieca alimentata dal dolore che provava dopo l'urto.
    Ma non aveva di fronte una facile preda. Pensando solo alla salvezza della sua piccolina l'uomo ignorò il dolore e le forze che lentamente lo stavano abbandonando, si spostò di lato, riuscì a voltarsi e mentre continuava a urlare il nome della figlia colpì quel maledetto al volto, finché le forze residue, la rabbia ed il dolore gli permisero di rimanere in piedi. Purtroppo le ferite alla schiena erano troppe e troppo profonde per essere ignorate e di li a poco la morte sopraggiunse a riscuotere il suo debito.
    L'assassino ancora miracolosamente in piedi, sentiva la furia dell'uomo che lentamente si esauriva, i suoi colpi sempre più deboli. Attraverso gli occhi gonfi, lo vide portare a segno un altro colpo che quasi non sentì mentre l'ultimo alito di vita lasciava il suo corpo facendolo cadere a terra. Si tastò il volto sanguinante e gli ci vollero alcuni istanti prima di riuscire a muoversi nuovamente verso la finestra dalla quale era entrato e svanire nella notte. Non aveva le forze per affrontare anche il ragazzo e avrebbe dovuto attendere parecchio tempo prima di tornare ad uccidere, come sempre in una nuova città, sotto una nuova identità, con il solo gusto di annientare la felicità di un'altra famiglia. Felicità che non aveva mai provato.

    Nick riemerse da quella devastante ricostruzione dei fatti. Avrebbe voluto correre fuori a cercare quella bestia e trucidarla con le sue mani, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu rimanere inginocchiato accanto al letto della sorella a piangere.
    Da quel terribile istante Nick non fu più lo stesso. Gli ci vollero molti anni per superare la disgrazia, ma ancora oggi durante la notte non riesce a prendere sonno perché si aspetta da un momento all'altro di rivedere quel mostro sbucare dalle tenebre per sterminare la nuova famiglia che si è creato.

    "Vedi piccola, sono questi i veri mostri di questo mondo. Non c'è bisogna di immaginarsi lupi mannari, vampiri, mummie, zombie, scheletri infuocati o chissà cos'altro. L'incubo peggiore che questo mondo conosca sono le persone malvagie pronte ad uccidere i propri simili per la minima sciocchezza e talvolta anche senza un motivo apparente.
    Quell'uomo che ha sterminato quella povera famiglia non è mai stato trovato e Dio solo sa cos'altro avrà combinato in tutti questi anni. Ma tu non ti devi preoccupare c'è il nonno che vigila su di te mentre dormi e Cerbero che impedisce a qualunque malintenzionato di avvicinarsi alla tua finestra. Ora torna a letto e cerca di dormire."
    La bambina lo guardò ancora per qualche istante. Gli occhi limpidi stregati dalle sue parole. Non credeva affatto che fosse una storia vera, ma semplicemente un buon racconto del suo vecchio caro nonnino. Gli diede un bacio sulla guancia per congedarsi e mosse qualche rapido passo verso la sua stanza.
    Poi arrivata alla porta si voltò "Nonno, resterai a scrivere tutta la notte?"
    "Se le parole mi assisteranno si."
    "È per quello che tieni quel grosso librone vicino al computer?"
    "Si, questa è la mia medicina." Rispose accarezzandolo con affetto. "Quando le parole non vogliono farsi imbrigliare e la mia mente torna a vagare senza meta, non portando nulla di buono, qui dentro ritrovo sempre la pista giusta per calmarmi e riordinare i miei pensieri. Ora su, basta domande, torna a letto e fai bellissimi sogni, senza pensare a mostri, sangue e uccisioni. Prima di dormire pensa ai tuoi cartoni preferiti, ai tuoi amici e a Cerbero, addormentati con loro e ti risveglierai con un gran sorriso sulle labbra, felice e riposata."
    "Buonanotte nonno!"
    "Buonanotte tesoro mio."
    Appena la bimba uscì dalla stanza il vecchio Frank riaprì il pesante libro che aveva accanto a se, ne sfogliò distrattamente le pagine, fino a quando non sentì il freddo metallo della pistola che giaceva incastonata tra le pagine sagomate. Sentì un leggero scatto metallico a conferma che aveva nuovamente disattivato la sicura.
    Non avrebbe permesso a nessuno di portargli via la sua famiglia.







    Lord Jon Umber di Ultimo focolare
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    fantasia 16
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    Cavaliere
    00 07/01/2011 21:09
    Luca, hai messo il tuo testo dell'anno scorso


    Firma:
    ----------------------------------------------------

    Syrio: "Cosa diciamo noi al Dio della morte?"
    Arya: "Non oggi"

    In questa partita: Arya Stark, terza figlia di Lord Eddard Stark, Protettore del Nord dei Sette Regni e Signore di Grande Inverno.


    --------------------------------------------------
    Nella 2° partita: Ser Garlan Tyrell

    --------------------------------------------------

    Conserva l'amore nel tuo cuore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole dove i fiori sono morti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e ricchezza alla vita che nient'altro può portare.
    Oscar Wilde
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    fantasia 16
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    Cavaliere
    00 07/01/2011 21:14
    Lord Petry bello il tuo racconto, davvero molto bello...però devo essere sincera... mi piaceva di più l'altro...forse perchè era più introspettivo...
    ma la mia è soltanto una impressione personale, quindi non prenderla come una critica.



    Firma
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    Syrio: "Cosa diciamo noi al Dio della morte?"
    Arya: "Non oggi"

    In questa partita: Arya Stark, terza figlia di Lord Eddard Stark, Protettore del Nord dei Sette Regni e Signore di Grande Inverno.


    --------------------------------------------------
    Nella 2° partita: Ser Garlan Tyrell

    --------------------------------------------------

    Conserva l'amore nel tuo cuore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole dove i fiori sono morti. La coscienza di amare ed essere amati regalano tale calore e ricchezza alla vita che nient'altro può portare.
    Oscar Wilde
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