E’ una giornata tipica d’autunno. Gli alberi,dalle foglie ingiallite che tenaci resistono alle prime brezze invernali rifiutandosi di cadere, costeggiano da entrambi i lati la strada che Next,in macchina,percorre con andatura accomodante e silenziosa.
Sono le prime luci del mattino,di quel tenue arancio che,squarciando sulla linea dell’orizzonte le dense nubi che presagiscono l’incombente temporale, rendono perfettamente l’idea di ciò che il ragazzo ha nell’animo : la dolce malinconia di momenti perfetti che si fanno di giorno in giorno più distanti,più inaccessibili e sfuocati; e la cupa atmosfera della disperazione, di quella rabbiosa disperazione che racchiude in sé la forza di una reazione che nulla lascerà dietro di sé, a cominciare da pietà e compassione, indispensabili vittime sacrificali per gli eventi a venire.
Next si è svegliato nel cuore della notte per prepararsi al meglio per questo giorno : si è rasato di fresco, si è fatto una doccia, ha indossato il completo nero acquistato il giorno prima apposta per l’occasione, si è pettinato con cura i capelli. Dopodichè, ha preso carta e penna e si è accomodato sul tavolo della cucina, con la sola luce di una piccola abat-jour a illuminare il foglio,unica luce in una casa rimasta per il resto avvolta nel buio completo.
Ha scritto una lettera di poche righe, eppure ci ha messo moltissimo a formularle,soppesando ogni parola, ripensando più e più volte a ciò a ciò che stava per mettere nero su bianco.
E nel tanto che faceva questo, qualcosa di importante si crepava dentro di lui,crepe sempre più evidenti che velocemente si ramificavano, riducendo il tutto in frantumi che pericolanti restano in piedi.
Fino a quando uno di essi oscillando perde l’appoggio, e cade; e così,in un attimo, anche tutti gli altri pezzi cadono rovinosamente, precipitando in un abisso che pare senza fondo,svanendo alla vista inghiottiti dalla tenebra più assoluta.
Poi d’un tratto, un attutito tonfo si eleva dal fondo, crescendo nella sua salita di tono,come un lamento, e raggiungere la superficie in un assordante urlo disperato.
Per questo è stato così lento,nel vergare quelle poche righe.
Ogni frase una crepa,ogni parola che l’allarga fino ai frantumi che veloci cadono verso il basso,un dolore lancinante al petto lungo tutta la caduta, e infine le lacrime di chi si è arreso con un grido del proprio animo al cieco furore e all’oblio di tutto,salvo la vendetta.
Ha pianto a lungo,calde lacrime salate lentamente gli hanno solcato il viso,bruciandoglielo come lingue di fuoco.
A fatica si è ricomposto, avrebbe forse preferito abbandonarsi per sempre chino su quel tavolo di cucina,ma non può,sa che non può. Oggi deve andare.
Ha chiuso la lettera in una busta, senza scriverci niente sopra, poi ha afferrato le chiavi della macchina ed è uscito,senza curarsi di chiudersi la porta di casa alle spalle.
Salito in macchina, ha poggiato con innaturale lentezza e cura la busta sul sedile del passeggero,come fosse un tesoro da maneggiare con attenzione.
Per chi lo avesse visto in tale operazione, sarebbe sembrato come minimo strampalato,ma non è così.
Per lui, in quel momento, un intero vecchio mondo era stato sigillato in un sarcofago di carta, per poi essere abbandonato per sempre, come non fosse mai esistito. Quindi si è accomodato alla guida,si è allacciato con calma la cintura di sicurezza ed è partito,fino a raggiungere quel viale alberato.
Ai lati del viale,oltre le linee degli alberi, si estende da ambo le parti per un centinaio di metri un curato prato inglese, di un verde rigoglioso.
La strada davanti a lui sale su per una dolce collina,che isolata si erge sulla bassa campagna circostante, quasi totalmente dedicata alla vigna. Procede lungo di essa per ancora qualche minuto,raggiungendone infine la cima.
Scende dalla macchina con calma,inspirando a fondo per poi voltarsi ed osservare coi verdi occhi malinconici la meta del suo viaggio.
A pochi metri da lui, uno stretto vialetto di ghiaia bianchissima,delimitato ai lati da file di pietre ordinatamente sistemate,gli indica il cammino. Con lo sguardo rivolto verso il basso, si avvia con incedere elegante e leggero, a passo lento e sicuro,lungo il vialetto.
Non rivolge mai lo sguardo avanti a sé,ma sempre a terra; non vuole anticipare la vista di quello spettacolo orrendo,forse anche perché, potrebbe togliergli il coraggio di arrivare fino in fondo.
Trattiene il fiato,ad ogni passo,come camminasse sulla soglia dell’abisso,sperando forse di cadere; ma non succede.
Mentre prosegue verso la propria meta,il suo sguardo segue i suoi passi,conscio che presto,un attimo appena prima di arrivarci,scorgerà il suo punto di arrivo, e di non ritorno insieme.
E in effetti così succede.
Liscia pietra bianca appena qualche centimetro davanti alle sue scarpe appare; s’arresta di colpo.
E’ il momento. Non può evitarlo.
Alza lo sguardo,e vede. Una lunga pietra bianca,immacolata e perfetta,di forma rettangolare,con dei caratteri d’argento su di essa; e dall’altro capo di questa, una statua perfetta, di marmorea bellezza, nella posizione di eterno monito a chi passa di lì, incrocia il suo eterno sguardo con quello di lui.
In piedi,a testa alta, la meravigliosa scultura ha il viso di chi lì è sepolto, stringe nella man dritta l’elsa di una spada, con la punta verso il basso, e la mano sinistra poggiata sul petto.
Ai suoi piedi,in una targa d’acciaio splendente, risalta la scritta
“AMORE E GIUSTIZIA,NON CHIEDO ALTRO”.
Next, elegante e solenne,immobile resta davanti a quella tomba stupenda,incrociando solamente le mani davanti a sé,tenendo tra esse stretta la sua,di tomba,quella della memoria.
Per alcuni istanti,che non finiranno mai, resta muto, mentre si leva un improvviso alito di vento, un incoraggiamento a parlare nel fruscio rilassante che si ode nell’aria.
Quando infine il sussurro svanisce, Next inspira a fondo,trattiene il fiato,prende coraggio.
Lascia andare tutti i suoi dubbi insieme al fiato incamerato, espellendoli entrambi. Quindi, con calma, dice quello che è venuto a dire :
“Ciao, Lyanna…”
comincia il discorso con la voce,armoniosa e rilassante,amichevole,raccolta in un soffio
“ perdonami, se non sono venuto prima a trovarti, ma mi ero perso. Mi ero peso tra la disperazione e la rabbia, tra la nostalgia e i miei ricordi di te. Mi ero perso tra i mille progetti di vendetta, anche se so che tu non saresti stata d’accordo. Mi ero perso nel vuoto. Mi ero perso nel silenzio. Mi ero perso nel capire cosa vorresti che facessi per te o senza di te”
continua a dire a chi lui spera sia comunque lì ad ascoltare
“ma adesso lo so, amore mio”
conclude inginocchiandosi lentamente,protendendosi in avanti per poggiare le proprie labbra su quella gelida superficie ,con dolcezza.
Si solleva quindi appena un po’ da quella pietra tombale, per farle quindi la propria promessa
“La tua morte è un dolore per molti,che supereranno, ma la fine per me. Amami e perdonami,Lyanna. Hanno profanato la tua vita, ed io non resisto, non ce la faccio. Il mondo intero per me è un tempio, senza più nulla in cui credere”
Una promessa enigmatica, pronunciata non con il tono amichevole di prima, ma con la voce dura e implacabile del guerriero, senza ombra di incertezza.
Nel rialzarsi, apre la busta che teneva tra le mani,senza aprirla, ma poggiandola assieme alla busta stessa sulla lapide, prima di allontanarsi velocemente da quel luogo, salire in macchina e abbandonare a massima velocità quella collina così dolorosa da affrontare.
Quando ormai è lontano,all’orizzonte si addensano nubi, in lontananza si ode il rombo dei tuoni.
Pioggia comincia a cadere fitta, di pari passo con un vento crescente.
La busta e il foglio si sollevano da terra, danzando per alcuni istanti sinuose e leggere in elegante duetto. Il foglio si apre,incastrandosi al termine di quella danza tra le dita della mano sul cuore della statua. La pioggia fitta ne slava l’inchiostro, ma resta leggibile ciò che vi è scritto :
La vita non continua e non si evolve, Lyanna. Partiamo carichi d’affetto, perdendone piccoli pezzi di volta in volta con ogni dispiacere, finchè alla fine della nostra strada non l’abbiamo dato tutto. A te non hanno concesso di dare quello che potevi, ma io ti ridarò questo diritto. Per te, luce spenta della mia vita, aprirò le PORTE DEL CIELO.
Amami e perdonami, Lyanna.
Next.
La busta invece si va a poggiare con forza sugli occhi di quel bellissimo viso di pietra,bendandoglieli.
L’acqua piovana dal capo discende lungo il viso,attraversando la busta, prima di scorrere lungo le guance a goccia a goccia e terminare il proprio viaggio sui piedi di quel corpo immortale.
Sono gocce strane, gocce che emanano un leggero vapore,gocce calde.
Come le lacrime di chi non ha più parole.
Pochi minuti dopo, alla base della collina, il silenzio sarà spezzato da uno schianto, fragoroso e assordante.
Piccoli stormi di uccelli che fino ad un attimo prima riposavano pigramente appollaiati sui rami degli alberi, cinguettando come ad intonare un canto dolce intriso del ricordo di un estate appena trascorsa che lentamente vira verso l'inverno, spiccano il volo, senza preavviso, dirigendosi altrove, ovunque ma lontano da quel posto.
Questa volta, l'anima non verrà raccolta dalla Sinistra Mietitrice quando questa vagherà sola, infreddolita e sperduta, dalla parte sbagliata del fiume.
Stavolta la Morte è venuta di persona, a prendere l'anima di Next, sfidando le leggi, ha preso forma.
Un lungo abito nero indossa per l'occasione, che ne esalta le forme di donna perfette e leggiadre, piene, con una scollatura profonda addolcita dal seno prosperoso di madre, non di ammaliatrice.
Un alto collo arriva al mento della donna dal volto di conturbante, fredda e altezzosa, impareggiabile bellezza.
Occhi bianchi osservano l'auto accartocciata e distrutta, di solito freddi, vuoti, per uno sguardo che ad osservare, ti trascina nel nulla che è la sua essenza.
Stringe tra le mani il gomitolo della vita di Next, e non può fare a meno di guardare più volte quei pochi metri di filo argenteo e luccicante che la conducono a lui, al termine dei quali sarà costretta dal suo compito ad un taglio netto, secco e preciso.
Un altra vita recisa.
Sospira, l'Oscura Signora, e trema leggermente.
Nella moltitudine delle ere che ha attraversato, solo di rado ha mostrato pietà, risparmiando i suoi futuri amanti già pronti, già arrivati al loro momento di incontrarla.
Ma mai, le è capitato di non sapere che fare, di sentirsi smarrita, impotente, ingiusta.
Allungare questa vita che così disperatamente vuole smettere di soffrire, è pietà?
I suicidi non sono degni del paradiso, ma dell'oblio, queste sono regole, punizione stabilita per chi dimentica il valore di ciò che gli è stato donato.
Negare a quest'essere di rivedere per sempre la luce calda e avvolgente di un sorriso così tenacemente amato fin oltre la soglia della morte, è forse giusto?
Domande che non dovrebbero nemmeno esistere, nell'universo vuoto di significati mortali che è il suo dominio.
Ma forse, alle volte, persino gli Dèi, possono smarrirsi, assistendo a dolori che nascono da sentimenti così puri, così al di sopra di ogni volontà di gestirli e interpretarli, da avere la forza sufficiente a toccare e far risuonare le corde di qualunque involucro contenga uno spirito, con un suono così distinto e perfetto, che non si può fare altro che ascoltarlo, rinunciando a quell'istinto di autoconservazione che imporrebbe invece di ignorare.
La Morte si è persa.
Guarda come gli umani, verso l'alto.
“ Devo farlo davvero?”
dimanda, pregando una risposta, sentendo la sua voce incrinata, prossima ad una tristezza e un rammarico che potrebbero persino portarla a sentire sul suo viso qualcosa di caldo scorrere e bruciarla.
La Morte è smarrita.
Ma la risposta arriva dalle sue spalle.
“ No,non devi”
gli viene sussurrato alle sue spalle, mentre mani gentili e delicate prendono il gomitolo della vita di Next dalle sue mani, e lei non si oppone, portando le proprie a coprirle il volto, coprendo lacrime che non dovrebbero appartenerle da sempre.
E' il pianto di chi ringrazia, per aver evitato qualcosa di cui si sarebbe pentito per sempre.
Quando si calma, si volge alle sue spalle, e lo vede, rimanendo stupefatta.
“ Tu...” sussurra solamente, incredula, ma come darle torto.
Naimmanie, il Signore del Blu, è sceso sulla Terra.
“ Lui viene con me” le spiega, in un sussurro d'aria fresca e leggera, rassicurante, piacevole, come un abbraccio che si immagina più volte e che infine diviene reale, esattamente come lo si sognava.
Sospira, il Signore del Blu, soddisfatto e calmo
“ E' giusto che sia così “ sentenzia poi, avviandosi, avvolto nel suo lungo abito blu come il mare, coi mille cerchi azzurri che si muovono sopra di esso come i cieli delle mille stagioni della Terra,
e una scia di nuvole lasciata al suo passaggio.
Arrivato all'auto, Naimmanie passa come fantasma tra le lamiere e i vetri rotti, come perdendo di sostanza.
Raggiunto Next, spinge con le mani , delicatamente, il gomito di vita dentro al petto del giovane.
Poi, come un padre farebbe col proprio pargolo addormentato sul divano, ne prende in braccio l'anima, uscendo dall'auto accartocciata, cullandola con una dolcezza commovente
“ Dormi, Next, riposati...non c'è più nulla di cui preoccuparsi. Hai vinto, giovane uomo, sai?” gentilmente, carico di compassione, lo conforta il Signore del Blu, tornando sui suoi passi, oltrepassando la donna, che ignora completamente.
“ Hai aperto le Porte del Cielo. Ti abbiamo osservato, da quando angeli sono tornati nel Regno dei Cieli, furenti, disperati, commossi, confusi, pieni di vergogna e bisognosi di una carezza.” Racconta cosa è accaduto a quell'anima che ora riposa, sorridendo inconsciamente, come lo sentisse, come si adagiasse su quelle parole nel modo in cui ci si adagia volentieri su di un prato in fiore a primavera.
“Non sei tu ad aver aperto la Porte del Cielo, Next...siamo noi ad averle spalancate per te”conclude, arrestandosi mentre un lastra di solido cielo azzurro precipita fino a terra, schiantandosi sulla strada.
Enormi porte di cristallo prendono forma, aprendosi poi lentamente, rivelando una luce raggiante, stupenda.
Persino la morte, si è sentita piccola, davanti a tanta magnificenza.
“ Dio non obbietterà?” domandò a Naimmanie, sottovoce
Senza voltarsi, egli le replicò
“ Dio ha coperto gli occhi di lei. Ha detto che non avrebbe tollerato, che lei vedesse tutto questo”
La Morte osserva il Signore del Blu, rapita dal suo splendore, mentre oltrepassa infine la soglia delle Porte del Cielo.
“ Sai cosa dicono a volte gli umani, quando arriva la pioggia battente?”
chiese infine a Naimmanie, quietamente, quasi ironicamente
“ Cosa? “ rispose lui, mentre le porte andavano chiudendosi lentamente
“ A volte è il cielo, che piange per tutti noi “
Naimmanie, il signore del Blu, sparì immediatamente, dopo quelle parole, non appena le porte di cristallo si richiusero, svanendo assieme alla lastra di cielo, che tornò ad unirsi ll'azzurro che copriv ogni spazio verso l'alto.
La Oscura Signora, sospirò, guardando verso l'alto.
Ma prima che potesse anch'ella sparire, una risposta le giunse da ogni direzione,portat era evidente da ogni vento esistente.
“ E' proprio così”
Per quanto continuasse a piovere, l'Oscura Signora decise di aspettare ad andarsene, preferendo passeggiare per un po' lungo la strada di quella collina.
Sicura, che quella fosse una bella giornata per farlo.